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TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

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MAGISTERO ORDINARIO 499<br />

totale e di somma fermezza sotto pena di naufragio nella fede stessa.<br />

È necessario perciò che ogni dogma formale, ossia ogni dottrina<br />

proposta o definita come di fede divina e cattolica, lo sia in modo<br />

tale che il punto preciso, di cui si tratta, appaia sufficientemente<br />

determinato, e che l'intenzione del magistero di proporre o definire<br />

tale punto come di fede divina e cattolica e di legare la fede dei<br />

credenti con un obbligo corrispondente, sia sufficientemente manifesta.<br />

<strong>Il</strong> diritto canonico attuale non fa che chiarire e proporre<br />

esplicitamente una dottrina che è richiesta dalla natura stessa delle<br />

cose quando dice : « Nessuna cosa dev'essere ritenuta, dichiarata o<br />

definitiva come dogma, se ciò non appare manifestamente » 22 .<br />

Ma il magistero implicato nella <strong>liturgia</strong> è il magistero ordinario.<br />

Non vorrei affatto dire, come taluni teologi sembrano affermare,<br />

che la definizione di una dottrina come dogma di fede divina e cattolica,<br />

non può farsi, almeno oggi, che attraverso il magistero straordinario<br />

di un concilio ecumenico o del Romano Pontefice parlante<br />

ex cathedra.<br />

Pur tuttavia, è innegabile che, per conoscere, per la sola via<br />

del magistero ordinario, anche parlante fuori <strong>della</strong> <strong>liturgia</strong> con<br />

i mezzi d'insegnamento diretti di cui usa servirsi, se una dottrina<br />

è proposta dalla Chiesa come di fede divina e cattolica, vi sono<br />

sempre speciali difficoltà. Conoscere il pensiero moralmente unanime<br />

di tutti i vescovi sparsi per il mondo e sapere se propone un determinato<br />

punto come di fede divina e cattolica, non è affatto semplice,<br />

astraendo dal magistero straordinario.. È per questo che,<br />

in determinate occasioni, un'altra forma di magistero, quella solenne<br />

e straordinaria del concilio ecumenico o del Romano Pontefice<br />

parlante ex cathedra, può essere, per via di fatto, necessaria.<br />

Comunque, si deve dire francamente che quando la questione se il<br />

magistero propone un determinato punto come di fede divina e<br />

cattolica, verte sopra una dottrina di cui vi è attualmente discussione<br />

tra gli stessi cattolici, non vi è possibilità, almeno pratica, di dirimere<br />

la discussione per la sola via del magistero ordinario anche<br />

considerando le sue manifestazioni d'insegnamento diretto fuori<br />

<strong>della</strong> <strong>liturgia</strong>. Se tale possibilità esistesse non vi sarebbe discussione<br />

su questo punto tra gli stessi cattolici.<br />

Questa difficoltà, inerente alla stessa natura del magistero ordinario<br />

in genere, si aggrava notevolmente, quando si volesse dirimere<br />

una simile questione ricorrendo allo stesso magistero ordinario<br />

come si esprime nella sola <strong>liturgia</strong>. <strong>Il</strong> modo stesso in cui, nella <strong>liturgia</strong>,<br />

è implicato l'insegnamento del magistero ordinario, che è, nel<br />

suo complesso, solo indiretto e assai implicito, ha per conseguenza<br />

22 Codex Juris canonici, can. 1323 § 3. Si noti che l'espressione « definizione<br />

implicita », che talvolta s'incontra negli autori, è contraddittoria. Una definizione<br />

del magistero è sempre esplicita poiché dice, per sua stessa natura, una determinazione<br />

di dottrina. Vi sono dottrine implicite in altre già definite; ma, finché<br />

sono solo implicite, esse devono ancora essere dedotte dalle prime e tale deduzione,<br />

se non è autenticata dal magistero e dunque esplicitata, non può mai essere<br />

un dogma di fede divina e cattolica.

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