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TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

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PREGI E DIFETTI 589<br />

passa alquanto al secondo piano e primeggia invece una visione più<br />

metafisica delle cose. Ma, come abbiamo detto, in essa non si<br />

tratta di visione metafisica di tipo aristotelico, bensì di tipo neoplatonico.<br />

Di un tipo, quindi, nel quale è fortemente al primo piano<br />

una visione del mondo incentrata sui concetti di simbolo, immagine,<br />

partecipazione ecc. Ora, come sappiamo, anche questo aspetto è una<br />

delle caratteristiche essenziali del concetto di mysterion. Ne risulterà<br />

che, nella teologia concepita come gnosi, l'interesse che si porterà<br />

alla <strong>liturgia</strong> sarà connaturalmente incentrato nel suo valore di<br />

mysterion, come effettivamente avviene nella teologia patristica.<br />

Ma il concetto di teologia come gnosi, come viene applicato nell'età<br />

patristica, oggettivamente parlando, ha anche i suoi innegabili<br />

difetti. <strong>Il</strong> principale pare consista nel fatto che rimane indeterminata<br />

ed effettivamente manchevole, la parte che, nel complesso totale<br />

<strong>teologico</strong> gnostico, spetta al procedimento propriamente scientifico,<br />

come fu in specie approfondito, anche se non portato a perfezione,<br />

da S. Tommaso sulle basi aristoteliche del concetto di scienza. Voglio<br />

dire che, paragonando l'ideale <strong>della</strong> teologia come gnosi, come fu<br />

praticato nell'età patristica, all'ideale <strong>della</strong> teologia come scienza,<br />

come fu sviluppato da S. Tommaso, ci si accorge che nella prima il<br />

processo scientifico, considerato in se stesso, vi rimane notevolmente<br />

manchevole.<br />

A parte la legittimità, l'utilità, anzi, sotto un certo aspetto, la necessità<br />

di una teologia concepita come pura e semplice scienza, non<br />

si vuole tuttavia accusare l'ideale patristico <strong>della</strong> teologia di non<br />

essere stato un ideale unicamente e puramente scientifico, nel <strong>senso</strong>,<br />

per esempio, di S. Tommaso, o di avere ordinato l'ideale puramente<br />

scientifico a qualcosa di extra o soprascientifico. Lo si vuole solo<br />

accusare di essere stato, oggettivamente parlando, ancora assai imperfetto<br />

in quel procedimento scientifico che pur usava e ordinava<br />

a un fine ulteriore.<br />

Infatti, non si vede come si possa mettere in questione la legittimità<br />

dell'ideale patristico dell'approfondimento <strong>della</strong> fede culminante<br />

nell'attuazione non puramente concettuale, ma intuitiva e<br />

volitivo-affettiva del soggetto e, a questo stesso scopo, ricorrente<br />

anche alla ricerca concettuale non già come fine a se stessa, ma<br />

ordinandola, appunto, come parte nel tutto, a quel fine superiore.<br />

Senonché, dal momento che si ricorre alla ricerca concettuale di<br />

tipo scientifico, diventa indispensabile che questa, prima di essere<br />

usata e ordinata a un fine diverso da se stessa e che la sorpassa,<br />

venga attuata in modo possibilmente perfetto e secondo le regole<br />

imposte dalla sua natura. Invece è proprio in questo che la teologia<br />

patristica, oggettivamente parlando, rimane ancora imperfetta, paragonata,<br />

per esempio, a ciò che in questo campo realizzò più<br />

tardi S. Tommaso. La distinzione aristotelica del finis operis e del<br />

finis operantis è, oggettivamente, indispensabile, perché facendo comprendere<br />

che il processo scientifico può essere ordinato a qualcosa<br />

di diverso da se stesso non per fine dell'opera ma per fine dell'operante,<br />

ricorda quali sono le esigenze del processo scientifico in se

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