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TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

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296 CAP. X - LITURGIA E INCARNAZIONE<br />

dalla <strong>liturgia</strong>, principalmente dalla messa, può fare proprie, in qualche<br />

modo realissimo, le parole di S. Giovanni : « Quello che abbiamo<br />

veduto con gli occhi nostri 7 , quel che abbiamo contemplato e che<br />

le nostre mani hanno toccato del verbo di vita 8 , e la vita si è manifestata,<br />

e noi l'abbiamo veduta e l'attestiamo e vi annunziamo la<br />

vita eterna, che era presso il Padre ed è apparsa tra noi, quello, dico,<br />

che abbiam veduto e udito, lo annunziamo a voi, affinché pur voi<br />

abbiate società con noi e la società nostra sia col Padre e col Figlio<br />

suo Gesù Cristo. E questo vi scriviamo, affinché ne godiate e il gaudio<br />

vostro sia pieno » 9 .<br />

Queste idee sono state autenticate con magnifica forza dal concilio<br />

vaticano II là dove, ponendosi nella prospettiva dell'incarnazione,<br />

fa vedere la <strong>liturgia</strong> come il luogo per eccellenza in cui i fedeli<br />

possono vitalmente sperimentare il mistero di Cristo e la genuina<br />

natura <strong>della</strong> Chiesa, nonché un'epifania eminente, anzi l'epifania<br />

principale ,0 <strong>della</strong> natura <strong>della</strong> Chiesa. Appunto perché il mistero di<br />

Cristo è, in riassunto, il mistero del Figlio di Dio incarnato, morto<br />

e risuscitato, e la genuina natura <strong>della</strong> Chiesa consiste anzitutto nella<br />

« caratteristica di essere nello stesso tempo umana e divina, visibile<br />

ma dotata di realtà invisibili, fervente nell'azione e dedita alla<br />

contemplazione, presente nel mondo, e, tuttavia, pellegrina; e tutto<br />

questo in modo che ciò che in lei è umano sia ordinato e subordinato<br />

al divino, il visibile all'invisibile, l'azione alla contemplazione, la<br />

realtà presente alla futura città verso la quale siamo incamminati » ".<br />

È appunto il teandrismo dell'incarnazione che nessuna altra<br />

cosa, nella Chiesa, fa vivere ed è atta a manifestare quanto la <strong>liturgia</strong>.<br />

Per cui — continua il testo — « in tal modo la <strong>liturgia</strong>, mentre<br />

ogni giorno edifica, quelli che sono nella Chiesa, in tempio santo nel<br />

Signore, in abitazione di Dio nello Spirito fino a raggiungere la misura<br />

<strong>della</strong> pienezza di Cristo, nello stesso tempo e in modo mirabile<br />

irrobustisce le loro forze perché possano predicare Cristo; e così,<br />

a coloro che sono fuori, mostra la Chiesa come vessillo innalzato sui<br />

popoli, sotto il quale i dispersi figli di Dio possano raccogliersi, finché<br />

si faccia un solo ovile e un solo pastore ».<br />

Questo incarnazionismo <strong>della</strong> concezione cattolica del mondo,<br />

così caratteristicamente espresso nella <strong>liturgia</strong>, rappresenta anche<br />

il punto in cui cattolicesimo e protestantesimo si separano forse più<br />

profondamente. Nella profonda psicologia di ogni protestantesimo<br />

logico con se stesso vi è, infatti un misconoscimento <strong>della</strong> portata<br />

integrale <strong>della</strong> legge dell'incarnazione. Perché alla radice del pro-<br />

7 La <strong>liturgia</strong> greca, dopo la comunione dei fedeli, canta ordinariamente<br />

un'antifona che comincia : « Abbiamo visto la luce vera, abbiamo ricevuto „o<br />

spirito celeste... ».<br />

8 Anticamente ogni fedele poteva dirlo letteralmente, dopo la comunione<br />

nella messa, per la quale riceveva il pane consacrato nelle proprie mani. Cfr.<br />

J. A. JUNGMANN, Missarum sollemnia, ed. ital. II pp. 284-86.<br />

° 1 Gv 1,1-4.<br />

Cfr. CL art. 41.<br />

" Ibid. art. 2.

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