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TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

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CONOSCENZA PER CONNATURALITÀ 503<br />

gnanti o attraenti <strong>della</strong> sua natura messa di fronte a tale atto o<br />

a tale oggetto o decisione. Anche il moralista, che forse non è casto,<br />

può giudicare <strong>della</strong> moralità o meno di quest'azione, ma riferendosi<br />

a concetti generali e a princìpi astratti universali e a ragionamenti<br />

deduttivi. Giudica, riferendosi a concetti astratti che tutti hanno o<br />

possono avere, discorrendo e concludendo; perciò può anche comunicare<br />

ad altri i motivi del suo giudizio, che è un giudizio scientifico<br />

e che sa valere per tutti e non per lui solo; può persuadere, ribattere<br />

le obiezioni in contrario. <strong>Il</strong> casto invece, giudica <strong>della</strong> moralità<br />

dell'atto semplicemente ascoltando le reazioni <strong>della</strong> sua natura<br />

casta; perciò non fa un giudizio scientifico, non può comunicare ad<br />

altri i suoi « motivi », non può ribattere con questa sola conoscenza<br />

le obiezioni ragionate contro il suo atteggiamento; può solo invitare<br />

gli altri a mettersi nelle stesse condizioni in cui egli si trova e a fare<br />

la stessa esperienza che egli fa. Di simile natura sono i giudizi detti<br />

di gusto. Perciò il detto volgare che del gusto non si discute. Simile<br />

distinzione si può fare tra il semplice critico d'arte che non è artista<br />

e l'artista che non è critico.<br />

Orbene, tale tipo di conoscenza esiste anche nel piano soprannaturale<br />

<strong>della</strong> fede. Qui si potrebbe ricorrere all'analisi dell'esperienza<br />

interna e alle numerose testimonianze, in specie di coloro<br />

che sono venuti adulti alla fede e hanno analizzato la loro conversione.<br />

Essi affermano che, a un certo momento, hanno visto ciò<br />

che prima non avevano visto; e che il momento decisivo non si può<br />

analizzare, ancor meno spiegare ad altri; e che le ricerche intellettuali,<br />

per quanto importanti, non sono state questo momento decisivo<br />

ma qualcosa di previo e di preparatorio; e che c'entra un'esperienza<br />

molto particolare. Senza entrare in questa direzione di ricerche,<br />

accontentiamoci qui dell'affermazione di S. Tommaso che<br />

colui che crede, vi è indotto, tra le altre cose, da un istinto di Dio<br />

che internamente l'invita, e <strong>della</strong> tesi dell'istinto e del <strong>senso</strong> cristiano<br />

ammessa da tutti i teologi.<br />

Come si spiega questo fatto, questo istinto, o <strong>senso</strong> che si<br />

voglia dire, nel campo soprannaturale, in specie nella fede? Ricordiamoci<br />

che ogni atto di fede soprannaturale è fatto sempre sotto<br />

l'indispensabile impulso <strong>della</strong> grazia attuale. La grazia attuale è<br />

una certa mozione divina che è una partecipazione transeunte,<br />

non permanente come nella grazia abituale, data per modo di mozione<br />

momentanea, <strong>della</strong> stessa natura divina e del suo modo di<br />

agire, perché ogni grazia è partecipazione <strong>della</strong> natura divina. Essa<br />

muove la volontà ad imperare all'intelletto l'as<strong>senso</strong> <strong>della</strong> fede e,<br />

per mezzo <strong>della</strong> volontà, l'intelletto ad assentire.<br />

Ma nessuna grazia entra nell'anima se questa non è disposta<br />

e capace di riceverla. I teologi insegnano che l'ultima disposizione<br />

immediatamente previa — almeno dal punto di vista logico — all'ingresso<br />

<strong>della</strong> grazia è data dalla grazia stessa nel momento del<br />

suo ingresso nell'anima. Comunque, nessun atto di fede divina può<br />

essere fatto, senza che il credente sia previamente — almeno dal

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