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TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

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ATTRIBUTI DI DIO 437<br />

Affermazioni dottrinali<br />

Se si tratta di testi dell'Antico Testamento che parlano (sia<br />

sotto forma didattica, sia sotto forma di preghiera, o altra), degli<br />

attributi di Dio, il fatto che vengono inseriti nel quadro liturgico<br />

cristiano e recitati dalla Chiesa e dal fedele in tale contesto, interpreta<br />

questi attributi sotto una luce immensamente più profonda<br />

di quella in cui potevano apparire ai giudei. Infatti, nella<br />

Scrittura, non si fa l'analisi filosofico-ontologica di questi attributi,<br />

ma la storia <strong>della</strong> loro manifestazione nell'azione di Dio nel mondo.<br />

La Scrittura non analizza speculativamente cos'è la sapienza, o la<br />

bontà, o la potenza, o la libertà in Dio, ma mostra Dio agente nel<br />

mondo con sapienza, bontà, potenza, libertà.<br />

Ora, la storia degli interventi di Dio nel mondo è la storia<br />

sacra che, come sappiamo, è tutta incentrata nel mistero di Cristo.<br />

È chiaro, quindi, che con la manifestazione di Cristo e delle realtà<br />

cristiane, gli attributi di Dio, affermati e cantati nell'Antico Testamento,<br />

appariranno nel Nuovo con un approfondimento insospettato<br />

alla sola luce dell'Antico, ma palese a quella <strong>della</strong> nuova realtà.<br />

È appunto quel che avviene quando i testi dell'Antico Testamento,<br />

nei quali sono affermati gli attributi di Dio, vengono recitati nella<br />

<strong>liturgia</strong> alla luce ulteriore delle realtà di Cristo, dell'economia<br />

cristiana e dell'escatologia.<br />

Così per esempio: nel salmo 135 (vg.): Confitemini Domino<br />

quoniam bonus (nuova trad. Laudate Dominum quoniam bonus)<br />

nel quale è sempre intercalato il ritornello: quoniam in aeternum<br />

misericordia eitis, si esalta la bontà e la misericordia di Dio come<br />

si manifesta nella creazione e costituzione del mondo, nella sua<br />

provvidenza verso il suo popolo, nella continua cura che Egli prende<br />

di tutti gli uomini. È chiaro però, che, quando questo salmo è<br />

cantato nella <strong>liturgia</strong> cristiana, questo stesso attributo <strong>della</strong> bontà<br />

e <strong>della</strong> misericordia di Dio prende un significato immensamente<br />

più profondo di quello che poteva avere per un giudeo.<br />

Infatti il cristiano, dicendo: lodate il Signore perché è buono,<br />

perché eterna è la sua misericordia, pensa non solo alla creazione<br />

e alla provvidenza di Dio verso il popolo israelita, che manifestano<br />

già notevolmente la sua bontà e la sua misericordia, ma pensa anche<br />

che Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Unigenito Figliolo<br />

per salvarlo, e che Dio è carità, Padre del figlio prodigo e Padre<br />

nostro: e che, pur essendo peccatori, ci ha salvati per pura mise-<br />

.ricordia e ci ha fatti suoi figlioli adottivi in Cristo e ci dà continuamente<br />

il suo Spirito. Anzi, ci ha predestinati in Cristo e ci dà<br />

tutte le grazie necessarie per condurci alla visione beatifica in una<br />

pace e in una felicità che occhio non ha visto, né orecchio udito,<br />

ma che Dio prepara a coloro che lo amano. A questa luce, che è<br />

appunto quella <strong>della</strong> <strong>liturgia</strong>, prendono un significato inaudito<br />

versetti come questi:

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