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TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

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MESSA AZIONE COMUNITARIA 281<br />

coni, miei compagni di ministero. In questa maniera tutto ciò<br />

che voi farete sarà fatto secondo la volontà di Dio » 28 .<br />

Si vede nuovamente quanto l'antica Chiesa era lontana dal<br />

presupposto fondamentale di ogni protestantesimo logico: quello<br />

dell'autosufficienza essenziale di ogni individuo rispetto a tutti gli<br />

altri individui nei suoi rapporti con Dio. Nell'antica Chiesa era<br />

fortissima la coscienza che l'individuo, fuori dell'ekklesia gerarchicamente<br />

strutturata, dal punto di vista soprannaturale, non è<br />

assolutamente nulla. Come era ugualmente fortissima la coscienza<br />

che il massimo segno rituale espressivo ed efficace di questa<br />

ekklesia non è altro che la partecipazione di tutto il popolo ad<br />

un'unica eucarestia, un'unica preghiera, un'unica supplica, in un unico<br />

spirito, in un'unica speranza e carità intorno ad un unico altare<br />

dove presiede in persona il vescovo, capo di ogni comunità locale,<br />

circondato dal collegio dei presbiteri e dai diaconi. Qui tutti i fedeli<br />

vengono uniti tra loro perché partecipano a un solo pane e a un<br />

solo calice che li unisce nell'unica carne e nell'unico sangue del<br />

Signore Gesù.<br />

In questa visuale si apprezza cosa significhi la celebrazione (tanto<br />

più la concelebrazione), di tutta la comunità ecclesiale intorno<br />

al proprio vescovo e, per analogia, la celebrazione liturgica compiuta<br />

dalla comunità ecclesiale minore, la parrocchia, intorno al proprio<br />

parroco, delegato e rappresentante del vescovo, e la celebrazione,<br />

o concelebrazione, liturgica <strong>della</strong> comunità ecclesiale universale,<br />

almeno nei suoi rappresentanti, compiuta intorno al Papa, come<br />

si può vedere in alcune occasioni a S. Pietro in Roma. Si comprende<br />

pure come il vescovo sia anzitutto il liturgo per eccellenza di una<br />

comunità locale e perché si deve augurare che oggi tutti, gerarchi<br />

e fedeli, riacquistino qualcosa di questo antico <strong>senso</strong> dell'ekklesia<br />

.nella sua espressione comunitaria liturgica per ravvivare jl <strong>senso</strong><br />

comunitario e sacrale <strong>della</strong> Chiesa. Non è dunque senza ragione che<br />

il concilio vaticano II ha ribadito con forza queste idee 30 e ha<br />

restaurato la concelebrazione.<br />

Sfortunatamente, non si può negare — Dix e Jungmann l'hanno<br />

ormai documentato nei particolari essenziali — che dappertutto,<br />

a partire dal quarto secolo, ma specialmente nel medioevo<br />

in occidente, quel <strong>senso</strong> <strong>della</strong> messa come azione di tutta la comunità<br />

strutturata e gerarchicamente differenziata, subì nella sua<br />

espressione liturgica, e quindi anche nella psicologia dei fedeli,<br />

notevoli diminuzioni o anche oscuramenti. Nacquero così quelle<br />

anomalie e quei contrasti tra là natura profondamente comunitaria<br />

<strong>della</strong> realtà liturgica che si compie nella messa e la sua<br />

espressione rituale e rubricista, che si possono osservare, in parte,<br />

anche nella messa nel suo stato attuale.<br />

29 Philadel. 4.<br />

30 CL art. 41 citato sopra (nota 17) ove riecheggia lo spirito dei testi sopra<br />

citati d'Ignazio. Per la concelebrazione vedi l'art. 57 e il Decreto di promulgazione<br />

del nuovo rito.

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