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TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

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758 CAP. XXIII - LITURGIA E PASTORALE. I PRINCIPI<br />

tire la salvezza, nel seno <strong>della</strong> comunità, a un numero d'individui<br />

tutto sommato, maggiore.<br />

La differenza dei due punti di vista sta essenzialmente nell'importanza<br />

maggiore o minore data all'ambiente comunitario per la<br />

salvezza degl'individui. Quelli che Don Michonneau chiama: costruttori<br />

di cristianità pensano a più lunga scadenza e in modo più<br />

comunitario.<br />

Teologicamente parlando, non vi è dubbio che la concezione<br />

comunitaria debba avere la predecenza, appunto perché pensa ed<br />

opera più organicamente, con piani che, pur essendo a più lunga<br />

scadenza, sono più efficaci per il fine che si vuole ottenere. <strong>Il</strong> motto<br />

che Pio XI dette alle missioni estere : « "fondare la Chiesa", a rifletterci<br />

bene, un po' modificato nella sua espressione, deve essere necessariamente<br />

il motto di ogni pastorale: portare e conservare a Cristo<br />

la comunità affinché in essa si possa più efficacemente e più a lungo<br />

salvare il maggior numero d'individui. L'oggetto diretto <strong>della</strong> pastorale<br />

deve essere dunque non il popolo somma sconnessa d'individui,<br />

ma il popolo comunità, matrice e ambiente vitale degli individui.<br />

Pensare la pastorale comunitariamente, vuol dire dare in essa<br />

grande importanza alla massa popolare e farne oggetto <strong>della</strong> massima<br />

cura, appunto perché la massa popolare costituisce la massa<br />

<strong>della</strong> comunità e che la Chiesa ha per missione di portare e conservare<br />

anime a Cristo in numero più grande possibile. La Chiesa deve<br />

estendere la sua cura pastorale a tutti i gruppi, nessuno escluso,<br />

o semplicemente negletto. La pastorale come la Chiesa non è e non<br />

può essere classista in nessuno dei sensi che in politica si dà oggi<br />

a questa parola. Tuttavia, ove la comunità costituita o da costituire<br />

è composta anzitutto di masse popolari, è ovvio che la pastorale<br />

debba essere innanzitutto pastorale di masse popolari. Siccome poi,<br />

questa è di gran lunga la regola, tanto che i casi diversi, in paragone<br />

a quella regola, sono eccezioni relativamente rare, la logica e il fine<br />

stesso <strong>della</strong> pastorale esigono in massima che la pastorale sia popolare,<br />

ossia adatta allo stato delle masse popolari che deve condurre<br />

e conservare a Cristo. Le eccezioni sono ammesse, ritenute legittime<br />

e necessarie, appunto in gruppi ristretti e in ambienti che non sono<br />

di masse popolari. Quando dunque si dice che la pastorale si indirizza<br />

al popolo, bisogna intenderlo non solo del popolo comunità,<br />

ma, inoltre, per regola generale, del popolo comunità popolare.<br />

Che oggi poi, questa necessità sia più urgente e sentita, è ovvio<br />

dalla semplice considerazione che è proprio la massa del popolo<br />

che è maggiormente scristianizzata o in pericolo immediato di esserlo<br />

— il grande scandalo dei nostri tempi, come diceva Pio XI —;<br />

che le condizioni di questa massa sono maggiormente mutate e<br />

mutano ogni giorno, e che questa massa prende ogni giorno maggiore<br />

peso nella vita <strong>della</strong> società. Tanto che quell'importanza che prima<br />

poteva spettare ad altre classi sociali per determinare l'andamento<br />

generale <strong>della</strong> società, oggi è sempre niù trasferita immediatamente<br />

alla massa popolare.<br />

Per la cristianizzazione di grandi masse di popolo negli stessi

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