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TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

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18 CAP. I - SFONDO DELLA LITURGIA : STORIA SACRA<br />

tura, non vi sia un numero più o meno considerevole di affermazioni<br />

di valore entitativo e metafisico di capitale importanza oggettiva;<br />

che, anzi, è chiaro, tali affermazioni ci sono. Ma intendo dire : primo,<br />

che affermazioni di tale genere sono relativamente rare e sporadiche;<br />

secondo, che non si può parlarne come di un sistema di spiegazione<br />

entitativa metafìsica del cosmo, ma se mai, come di brani o fondamenti<br />

che, ulteriormente sviluppati e completati, potrebbero servire<br />

alla costruzione di un tale sistema; in terzo luogo e principalmente,<br />

che queste affermazioni, per quanto in se stesse capitali, non sono<br />

al primo piano dell'attenzione, dell'interesse e delle preoccupazioni<br />

<strong>della</strong> rivelazione, ma sono come dei presupposti naturalmente accettati,<br />

a cui ogni tanto si allude, ma senza farli, per lo più, oggetto<br />

di preoccupazione ed attenzione primaria.<br />

Non sarebbe nemmeno preciso dire che la rivelazione, specialmente<br />

nella Scrittura, si presenta a noi in primo luogo come una<br />

direttiva pratica di vita, come un complesso di direttive e di precetti<br />

morali. Anche questo, naturalmente, c'è; anzi è ovunque molto<br />

esplicito ed essenzialissimo. Ma non sarebbe preciso dire che questo<br />

complesso di direttive e di precetti morali sia primario come quella<br />

cosa che anzitutto appare nella Scrittura, la quale si presenterebbe<br />

in questo <strong>senso</strong> anzitutto come norma di vita, come una morale.<br />

Questo, dico, non è preciso, perché la norma morale, che è fortemente<br />

esplicitata e messa in rilievo nella Scrittura, vi è però sempre<br />

proposta come conseguenza immediata di qualcosa d'altro; come<br />

derivazione naturale e insopprimibile di un altro elemento da cui<br />

tutto deriva immediatamente e che appare, lui, al primo piano.<br />

La rivelazione, principalmente nella Scrittura, si presenta invece<br />

anzitutto come una storia; come una storia sempre in atto; come<br />

una storia sacra sempre in atto, che presuppone, e ogni tanto afferma,<br />

nel suo sfondo, una certa metafìsica e da cui immediatamente<br />

deriva e mette fortemente in rilievo una norma di vita, una morale.<br />

È questa la storia sacra sempre in atto degli interventi di Dio nel<br />

mondo, per attirare a sé le creature razionali, comunicar loro la sua<br />

vita divina e realizzare così il suo regno cosmico. £ anche la storia<br />

sèmpre in atto <strong>della</strong> risposta di queste creature. E questa la visuale<br />

dominante e specifica sotto la quale la rivelazione presenta tutto<br />

quello di cui fa parola; dominante, dunque, non metafisica, né morale,<br />

ma storica, con uno sfondo metafìsico e una derivazione morale<br />

fortemente esplicitata.<br />

In tutto questo c'è più che una semplice sfumatura. Questa nota<br />

distintiva di essere anzitutto una storia sacra sempre in atto con<br />

uno sfondo metafisico e la forte esplicitazione di una morale, dà alla<br />

rivelazione giudeo-cristiana la sua fisionomia specifica che la distingue<br />

profondamente e di primo acchito da qualsiasi sistema semplicemente<br />

filosofico o etico.<br />

Per esempio: sono visioni del mondo essenzialmente filosofiche,<br />

dalle quali se mai, deriva una norma di vita pratica, il platonismo,<br />

l'aristotelismo, il plotinismo, il kantismo, l'hegelianismo. £ in-

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