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TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

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<strong>TEOLOGIA</strong> COME SCIENZA 595<br />

solo attraverso il metodo empirico, filologico, critico, storico, considerato<br />

non già come semplice fase prescientifica, preparatoria al<br />

metodo deduttivo, ma come metodo scientifico a sé, applicato ai riti,<br />

alle formule, agli oggetti liturgici.<br />

Consideriamo i saggi fatti nella seconda parte di quest'opera<br />

intorno a una serie di temi come : la Trinità nella <strong>liturgia</strong>; Cristo nella<br />

<strong>liturgia</strong>; la <strong>liturgia</strong> e il mondo infraumano; la <strong>liturgia</strong>, gli angeli e<br />

i demoni; la <strong>liturgia</strong> e l'uomo; la <strong>liturgia</strong> e la Chiesa. È facile, credo,<br />

rendersi conto che le conclusioni ivi ottenute: sono anzitutto di valore<br />

propriamente <strong>teologico</strong>, in quanto manifestano in modo proprio<br />

un certo aspetto <strong>della</strong> fede, perché fanno meglio capire certi suoi<br />

aspetti intorno alla Trinità, a Cristo, agli angeli ecc. In secondo luogo<br />

che quegli stessi risultati non sono ottenibili per semplice via ontologico-deduttiva,<br />

né per semplice induzione considerata solo come<br />

fase prescientifica, preparatoria alla deduzione di tipo ontologico,<br />

ma solo per metodo induttivo storico avente valore propriamente<br />

scientifico già per se stesso. Chi, dunque, nega il valore propriamente<br />

scientifico del metodo induttivo e <strong>della</strong> storia e asserisce che solo<br />

la filosofia è scienza propriamente detta (e la matematica e la fisica<br />

filosofica, le quali non hanno speciale interesse in teologia), e il metodo<br />

scientifico propriamente detto è il solo metodo deduttivo, se è<br />

logico con se stesso, non potrà assimilare organicamente nella sua<br />

sintesi generale molti valori teologici che la <strong>liturgia</strong> invece contiene<br />

in abbondanza.<br />

La seconda conclusione che si deve ritenere nella questione che<br />

ci occupa è dunque questa: si deve prendere bensì come base il concetto<br />

di teologia come scienza, ma non limitare la scienza alla sola<br />

scienza entitativa e il suo metodo proprio al metodo deduttivo, ma<br />

intenderla tanto <strong>della</strong> scienza empirico-storica quanto <strong>della</strong> scienza<br />

entitativa; si deve ritenere metodo scientifico tanto quello empirico<br />

storico induttivo, quanto quello entitativo deduttivo e non concepire<br />

il metodo induttivo come semplice fase prescientifica e preparatoria<br />

del metodo deduttivo.<br />

Bisogna concepire il processo scientifico come costante di una<br />

doppia fase, non semplicemente riducibile l'una all'altra, ma integrantesi<br />

a vicenda e contribuenti l'una e l'altra a costituire insieme<br />

la conoscenza scientifica integrale di un oggetto qualsiasi: la fase<br />

empirico-induttiva, propria delle scienze empirico-storiche, e la fase<br />

ontologico-deduttiva propria <strong>della</strong> filosofia. La scienza teologica deve<br />

essere quindi concepita come un tutto costante di due momenti integrali:<br />

il momento empirico storico induttivo e il momento ontologico<br />

propriamente deduttivo 1 .<br />

1 Queste due fasi, che nel campo delle scienze profane costituiscono due<br />

generi di scienze e di metodi specificamente diversi, in teologia non sono che due<br />

momenti o parti integrali di un'unica scienza e di un unico metodo, perché<br />

ambedue le fasi sono rese formalmente teologiche dalla luce formale specificamente<br />

unica, la quale unifica formalmente in sé ciò che nel campo profano cade<br />

sotto scienze specificamente diverse. Vedi S. TOMMASO, Summa I q 1 a 3 ad 2.

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