TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

250 CAP. Vili - IL KYRIOS
sua Chiesa, in specie nella liturgia, il pericolo è questo: che, più
0 meno coscientemente, noi la concepiamo come una cosa avvenuta
una volta per sempre nella vita terrena di Gesù dall'incarnazione
alla morte in croce, e che ora non è più presente se non nel campo
puramente psicologico della conoscenza e degli affetti. Di nuovo
il pericolo del panpsicologismo e del panmoralismo. Si è tentati,
in fondo, di concepire Gesù soltanto come un gran maestro che
ci ha dato una mirabile dottrina morale per andare a Dio; come
un mirabile modello da imitare; forse si arriva fino a non dimenticare
che Gesù è Colui che accettò di espiare volontariamente
per noi, sulla croce, e così, una volta per sempre ci dette la possibilità
di ottenere nuovamente da Dio le grazie necessarie per raggiungere
la gloria ove ci aspetta.
Ma, se il significato di Cristo per la nostra vita si limitasse a
questi soli aspetti, Egli, in fondo, non sarebbe altro che un gran
santo e solo per questo, maestro e modello. La sua presenza e
azione attuale tra noi, nella Chiesa, non sarebbe d'ordine diverso
dalla presenza e azione di un gran filosofo tra i suoi discepoli, o
d'un gran santo tra i suoi devoti, poniamo di un gran fondatore
tra i membri del suo ordine. Ora Cristo, la sua azione, la sua presenza,
è per la Chiesa qualcosa d'immensamente più profondo. È
d'un altro ordine. L'azione e la presenza di antichi maestri o santi
tra i loro discepoli è d'ordine soltanto psicologico, morale. L'azione
e la presenza di Cristo nella Chiesa è anzitutto d'ordine fisico,
e quindi, come conseguenza, d'ordine anche morale.
Per capire la profondità di questa azione e presenza di Cristo
nella sua Chiesa, in modo speciale nella liturgia, bisogna rifarsi
alla grande sintesi della storia e della vita cristiana proposta nell'epistola
agli ebrei ". ,
Il sacerdozio celeste di Cristo. — L'autore di questa epistola,
pensando al significato ultimo di tutta la storia e di tutta la vita,
non solo le inquadra, come fanno tutti gli autori del Nuovo Testamento,
nel grande panorama circolare per cui tutte le cose vengono
dal Padre, per Cristo, nello Spirito e così ritornano al Padre, — panorama
che egli suppone, anche se non insiste molto sulla persona
dello Spirito 12 — ma, inoltre,, le considera principalmente sotto
l'aspetto di santificazione e di culto. Sono effettivamente la storia sacra
e la vita cristiana considerate come liturgia che l'autore ci presenta.
L'epistola agli ebrei è un'esortazione ed incoraggiamento destinato
direttamente a un gruppo di sacerdoti e leviti ebrei convertiti
a Cristo e che, in mezzo alle difficoltà della persecuzione,
erano tentati di rimpiangere l'efficacia santificativa e lo splendore
11
Vedi C. SPICQ, L'épitre aux hébreux, 2 voli., Paris 1953-54, specialmente
1 p. 286-329.
12
Vedi ibid. I 147 s. Del Padre l'autore parla spessissimo col nome di Dio
.— vedi ibid. Indici II 446 s. v. Dieu. Per lo Spirito Santo vedi ibid. 446 s. v.
Esprit Saint.