TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

GRADO AUTORITARIO DELLA LITURGIA 495
di questo aspetto delle cose, al teologo, non rimane, per soddisfare
la sua legittima preoccupazione, che ricorrere allo studio teologico
complessivo della questione di cui s'interessa. Solo questo studio
teologico generale della questione, fatto secondo i consueti criteri
generali della teologia, potrà dargli, in quanto è possibile, una
risposta sicura con che grado autoritativo e in che senso, nella
liturgia, il magistero ordinario imponga un determinato elemento
all'adesione dei fedeli e, quindi, a qual grado e specie di adesione
i fedeli siano alla loro volta tenuti.
Così, con che grado autoritativo il magistero, immediatamente
prima della definizione dell'assunzione, imponesse nella liturgia
questa dottrina, non era possibile determinarlo con sufficiente chiarezza
che dallo studio complessivo teologico della stessa. Solo così
si poteva vedere che, fino a quel momento, nella stessa liturgia,
la Chiesa non imponeva l'assunzione come cosa di fede divina e
cattolica, sotto pena di naufragio nella fede, ma con un grado
inferiore di autenticità e d'autorità, sebbene allora già grandissimo;
diciamo, con i teologi, come prossimo alla fede, come talmente
probabile che colui, il quale per caso avesse voluto negarla, si trovava
certamente in grave e prossimo pericolo di errare, ma non per
questo poteva essere detto eretico.
In che senso e con che grado d'autorità, nella liturgia si propongono
rivelazioni private — come quelle, per esempio, a Santa
Margherita Maria Alacoque, di cui si faceva menzione nelle lezioni
del breviario nell'ottava della festa del S. Cuore — è possibile
determinarlo solo dallo studio complessivo teologico sul pensiero
della Chiesa intorno alle rivelazioni private. Che senso abbiano
gli esorcismi nella liturgia e con che grado d'autorità essa imponga
quello che vi si dice o vi è implicato possiamo saperlo soltanto dalla
dottrina teologica generale intorno agli esorcismi.
Intorno ai molti fatti di storia ecclesiastica o profana che la
liturgia suppone storicamente veri, per esempio, nelle vite dei
santi delle lezioni del secondo notturno del breviario, la Chiesa
non esige altra fede fuori di quella solo umana, che essi meritano
secondo lo stato attuale della scienza storica. E questo si può
sicuramente ricavare dallo studio generale teologico intorno ai
fatti di questo genere e alla garanzia che la Chiesa può e intende
loro dare. Da questo studio si vede che, quando la Chiesa fa menzione
di simili fatti nella liturgia non fa altro che accettare ipoteticamente
la loro verità, secondo l'opinione, talvolta anche semplicemente
volgare, del tempo in cui furono ammessi nei testi, e, supposta
ipoteticamente questa verità, ma senza imporla, si preoccupa
solo di disporre i fedeli all'atto cultuale e di preghiera, che è
lo scopo della liturgia.
Da questo si conclude, per esempio, che il fatto della presentazione
della Madonna al tempio e della traslazione della santa
casa di Loreto, se sono in qualche modo implicati nella liturgia,
lo sono solo come pie leggende, né la Chiesa intende in alcun