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TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

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SPIRITUALITÀ DELLA CHIESA 639<br />

pienamente e la raccomanda, senza tuttavia recar alcun pregiudizio<br />

alla preminenza del culto liturgico » lu .<br />

Arrivati a questo punto il ragionamento è facile: come la preghiera<br />

liturgica non è semplicemente una delle tante preghiere<br />

legittimamente riconosciute, usate o anche raccomandate dalla Chiesa,<br />

ma è preghiera <strong>della</strong> Chiesa stessa a un titolo che non compete alle<br />

altre, ciò che, pur senza antagonismo e contraddizioni, per dignità<br />

ed efficacia la pone, rispetto a queste, fuori serie: così la spiritualità<br />

che s'incentra sulla preghiera liturgica non è semplicemente una<br />

tra le tante spiritualità riconosciute o anche raccomandate dalla<br />

Chiesa, ma è invece, a un titolo che non compete alle altre, la spiritualità<br />

<strong>della</strong> Chiesa, pur senza antagonismi o contraddizioni con<br />

le altre vigenti nella Chiesa e da essa riconosciute o anche racco-<br />

\ mandate.<br />

La Chiesa, dunque, come ha la sua preghiera ufficiale che è<br />

preghiera sua a titolo speciale, pur ammettendo e raccomandando<br />

altre forme di preghiera, così anche ha la sua spiritualità ufficiale,<br />

che è la sua spiritualità a titolo speciale, determinata appunto da<br />

quella preghiera ufficiale, pur ammettendo e raccomandando altre<br />

forme di spiritualità. La Chiesa non solo traccia le linee maestre e<br />

i limiti comuni ad ogni spiritualità cattolica, lasciando libertà di<br />

ulteriori specificazioni e concretizzazioni entro questi stessi limiti,<br />

ma, inoltre, essa stessa propone una specificazione e concretizzazione<br />

che considera sua a titolo speciale. Proprio nello stesso modo<br />

che non solo determina quali sono i caratteri essenziali che deve<br />

avere ogni preghiera cattolica, ma inoltre, specifica e concretizza<br />

quei caratteri in una preghiera ufficiale e sua a titolo eminente, pur<br />

ammettendo e riconoscendo altri modi di specificare e concretizzare<br />

i caratteri generali <strong>della</strong> preghiera cattolica.<br />

Si è visto sopra che la Chiesa ammettendo, o anche raccomandando<br />

caldamente, certe forme extraliturgiche di pietà, intende<br />

tuttavia che queste si armonizzino con lo spirito <strong>della</strong> <strong>liturgia</strong> e che<br />

questa armonia, nella mente <strong>della</strong> Chiesa, è un'armonia di subordinazione<br />

e non di semplice giustapposizione. È logico pensare che<br />

tale sia pure il pensiero <strong>della</strong> Chiesa riguardo alle spiritualità in<br />

qualche modo diverse dalla sua spiritualità ufficiale che è quella<br />

liturgica. Che la Chiesa, cioè, riconoscendo la legittimità e l'utilità<br />

di queste altre spiritualità, o anche raccomandandole, intenda sempre<br />

ciò fare con il presupposto <strong>della</strong> loro armonizzazione con lo spirito<br />

<strong>della</strong> <strong>liturgia</strong>.<br />

Un'obiezione potrebbe sorgere a questo punto. Se si dice che<br />

la Chiesa, ammettendo forme di spiritualità oltre la forma liturgica<br />

ufficiale, intende, tuttavia, che si armonizzino con lo spirito<br />

<strong>della</strong> <strong>liturgia</strong>, non si viene con ciò stesso ad affermare che la Chiesa<br />

intende togliere a queste spiritualità le loro note caratteristiche per<br />

cui differiscono dalla spiritualità liturgica e ridurle così alla sola<br />

spiritualità ufficiale?<br />

»» Discorso del 22 Sett. 1956. AAS 48 (1956) 714.

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