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TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

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PROFONDITÀ DEI CONTEMPORANEI 435<br />

in qualsiasi modo nella <strong>liturgia</strong>, conservano il loro significato che<br />

avevano per i contemporanei a cui furono dapprima destinate. Talvolta<br />

si potrà discutere quale era precisamente questo significato,<br />

per es., nelle storie del libro di Giobbe, di Esther, di Tobia, nelle<br />

narrazioni del Genesi, ecc. Ma questa è una questione di esegesi<br />

biblica, non di <strong>liturgia</strong>. Liturgicamente, dobbiamo semplicemente<br />

asserire che tutto quello che è narrato nella bibbia, quando è<br />

trasferito nella <strong>liturgia</strong>, conserva il <strong>senso</strong> che aveva per i contemporanei.<br />

Ne segue una regola importantissima per l'interpretazione <strong>della</strong><br />

<strong>liturgia</strong>: la conoscenza accurata del <strong>senso</strong> che i testi biblici usati<br />

dalla <strong>liturgia</strong> avevano per i contemporanei rimane sempre il fondamentale<br />

presupposto per capire l'uso che ne fa la <strong>liturgia</strong>.<br />

Così, per esempio, come primo presupposto per capire in qual<br />

<strong>senso</strong> preciso la <strong>liturgia</strong> del tempo avvento-Epifania interpreta le profezie<br />

messianiche di Isaia intorno al futuro Messia e al regno di Dio<br />

che doveva essere da Lui instaurato, bisogna anzitutto conoscere esattamente<br />

quale <strong>senso</strong> queste profezie potevano avere per i contemporani<br />

per i quali esse furono immediatamente scritte. Solo chi parte<br />

da questo « <strong>senso</strong> » potrà capire « i sensi » ulteriori di queste profezie<br />

prospettati dalla <strong>liturgia</strong>.<br />

Quando i giudei contemporanei leggevano: Surge illuminare<br />

Jerusalem ecc. (Is 16,1-6), pensavano alla fine dell'esilio e a una<br />

gloria immensa del popolo di Dio la cui capitale, Gerusalemme,<br />

setto il regno del Messia, sarebbe diventata il centro del mondo.<br />

L'essenza di questa interpretazione delle promesse di Dio fatte per<br />

bocca del profeta era giustissima; Dio, infatti, veramente annunziava<br />

e prometteva che sotto il Messia il popolo di Dio sarebbe stato liberato<br />

e sarebbe diventato il centro <strong>della</strong> vita sulla terra. Solo che<br />

i giudei concretizzavano questo pensiero in un fatto materiale e<br />

nazionale, mentre Dio ne prevedeva un compimento molto più<br />

sublime, spirituale e universale, compimento che si verificò nell'apparizione<br />

di Cristo sulla terra (Epifania) e si verifica in mistero ogni<br />

giorno nella Chiesa, nella messa e nelle anime.<br />

Quando la <strong>liturgia</strong> dell'Epifania legge quella profezia nella messa,<br />

è a tutto questo insieme che pensa. La luce ulteriore che proviene<br />

a questo testo dall'avvento del Figlio di Dio sulla terra un giorno<br />

in Palestina e ogni giorno nella Chiesa, nella messa, nelle anime dei<br />

fedeli, non volatilizza il <strong>senso</strong> dei contemporanei di Isaia, ma lo<br />

presuppone, di modo che il significato totale, <strong>teologico</strong>-liturgico, di<br />

quel testo letto il giorno dell'Epifania è questo: quello che Dio<br />

promise e annunziò ai giudei in esilio, che cioè, in virtù del Messia,<br />

il popolo di Dio sarebbe stato liberato dai nemici e, risplendente<br />

di gloria straordinaria, sarebbe diventato il centro di tutto il mondo,<br />

si verificò bensì come in un primo pallidissimo schizzo nella fine<br />

dell'esilio babilonico, ma ebbe in realtà il suo pieno compimento<br />

in modo immensamente più sublime di quello che poterono sospettare<br />

i giudei, con l'apparire del Figlio di Dio sulla terra in Palestina

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