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TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

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SOGGETTIVISMO E LITURGIA 191<br />

finita su se stessa; di Dio come creazione oggettivata di questa<br />

stessa libertà; di tutta la vita religiosa come fase ed espressione<br />

ancora rozza dell'immancabile spontaneità creatrice; delle religioni<br />

tutte ugualmente buone perché tutte frutto di un'esperienza<br />

religiosa.<br />

Quando la mentalità soggettivista è arrivata a queste fasi di<br />

sviluppo, è facile capire come essa si trovi agli esatti antipodi <strong>della</strong><br />

mentalità che forma il mondo <strong>della</strong> <strong>liturgia</strong>. Questo, infatti, è tutto<br />

un mondo di oggettività, messe lì da Dio e a cui noi non dobbiamo<br />

far altro che adattarci. La realtà liturgica è Cristo; Cristo presente<br />

che fu immolato ed è ora glorioso; che trasmette la sua vita divina,<br />

realmente, oggettivamente; che esercita la sua mediazione in un<br />

determinato modo, sotto il velo di cose sensibili e simboliche; è<br />

un popolo, la Chiesa, ufficialmente presente, gerarchicamente agente,<br />

che accetta Cristo, la sua realtà, la sua azione, la sua mediazione<br />

sotto quel velo di cose sensibili e simboliche, a questa realtà si<br />

sottomette, e in questa sua accettazione e sottomissione comunica<br />

con Dio e realizza la sua vita. Noi diciamo che nella realtà liturgica<br />

il soggetto individuo è presente, agisce. Anzi affermiamo che senza<br />

questa sintonia del soggetto individuo, questa realtà, in lui, non<br />

sortisce il suo effetto, non lo salva, perché, per lui, tutto si ridurrebbe<br />

a pura esteriorità e meccanicità. Ma diciamo altresì che nella<br />

realtà liturgica la soggettività non è il deus ex machina creatore<br />

del tutto. Essa è una realtà che si compie solo come sintonia alla<br />

realtà oggettiva; da essa prende le sue mosse e la sua norma. <strong>Il</strong><br />

mondo <strong>della</strong> <strong>liturgia</strong> afferma fortemente quest'assioma che per<br />

l'uomo non vi è creatività e conquista se non vi è previamente<br />

sottomissione non solo alle leggi dell'essere in genere e <strong>della</strong> natura,<br />

ma anche alle norme determinate da Dio liberamente e positivamente,<br />

oltre e al di là delle leggi <strong>della</strong> natura, sebbene mai in<br />

contraddizione con le stesse.<br />

Cosa può significare per un idealista kantiano, gentiliano o crociano<br />

che sia, per un vitalista e intuizionista tipo Bergson, per un<br />

esistenzialista del ramo Jaspers, Heidegger, Sartre: unirsi alla realtà<br />

di Cristo presente nel sacrificio sotto il velo di cose sensibili e<br />

simboliche; salvarsi nella recezione dei sacramenti operanti ex<br />

opere operato; pregare col popolo di Dio? Tutto questo, nell'ipotesi<br />

idealista, se ha ancora qualche <strong>senso</strong> e valore, non può averlo<br />

che come incitamento esterno, ancora rude e grossolano, a pensieri<br />

di dottrina e affetti di volontà; come puro incitamento alla libertà<br />

e all'esperimento interni. Ma così siamo mille miglia lontani dall'oggettivismo<br />

<strong>della</strong> <strong>liturgia</strong> in cui l'unione a Cristo significa immensamente<br />

più che una semplice unione di pensiero e di affetto.<br />

Vi è di mezzo tutta la realtà <strong>della</strong> grazia come elevamento fisico<br />

all'ordine divino e <strong>della</strong> sacramentalità nella trasmissione di questa<br />

grazia.<br />

E dunque impossibile penetrare nel mondo <strong>della</strong> <strong>liturgia</strong> senza<br />

una mentalità oggettivista, o se si preferisce, senza una mentalità

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