TEOLOGIA.RELIGIONE. Vagaggini C. - Il senso teologico della liturgia

SACRAMENTI IN GENERE 541
causalità dei sacramenti, per cui ogni sacramento è segno efficace
che causa efficacemente quello appunto che significa (III q 62), o,
come hanno detto i teologi posteriori, efficit quod figurat, oppure:
significando causat. La spiegazione dei singoli sacramenti è tutta
imperniata sul segno proprio a ognuno come espressione della grazia
particolare che conferisce.
Altro concetto base del trattato dei sacramenti in genere in
S. Tommaso, anch'esso di rilevante importanza per la teologia
liturgica, è quello del doppio inscindibile fine dei sacramenti: la
santificazione e il culto, con il primato del culto sulla santificazione
in quanto la santificazione è ordinata al culto (III q 60 a 5 corpo;
q 63 a 6 corpo).
Terzo concetto importante è quello che il culto, a cui sono
diretti i sacramenti, è specificamente il culto cristiano, ossia quello
iniziato da Cristo, specialmente sul Golgota, da Lui sempre continuato
e al quale Egli associa i fedeli unendoli a sé e facendoli
partecipi del suo culto a Dio; è dunque il culto di Dio in Cristo.
Per S. Tommaso, appunto a questo culto di Dio in Cristo deputano
specificamente i caratteri sacramentali, i quali « non sono altro
che una certa partecipazione al sacerdozio di Cristo da Cristo stesso
derivata » (III q 63 a 3): dal che risulta che tutto il culto cristiano
non è altro che il culto di Cristo sempre in atto per mezzo della
Chiesa, con la Chiesa e per la Chiesa. Quest'ultimo concetto si
precisa ancora in S. Tommaso per mezzo della dottrina dei sacramenti
strumento separato della divinità in Cristo come la sua
umanità ne è lo strumento congiunto.
Finalmente, vi è in S. Tommaso il concetto che tutti i sacramentali
e i riti liturgici diversi sono ordinati ai sacramenti come
alla cosa principale (vedi, per es., Ili q 65 a 1 ad 6), mentre tra
i sacramenti tutti sono ordinati all'eucaristia sacrificio e sacramento,
la quale appare così come il centro e il sole di tutto il complesso
del culto e della santificazione della Chiesa (III q 65 a 3).
È vero che, in tutto questo, S. Tommaso parla direttamente
dei sette sacramenti, ossia di quei riti maggiori della liturgia che
sono d'istituzione divina ed operano ex opere operato, e non già
di tutta la liturgia. Il trattato di S. Tommaso sui sacramenti in
genere è direttamente ed esattamente un trattato dei sette sacramenti
in genere e non già un trattato dei sacramenta, ossia praticamente
di tutta la liturgia nel senso patristico.
Questa precisa prospettiva comportava un certo pericolo tendenziale:
quello che si arrivasse a costruire una teologia dei sette
sacramenti separata dal suo quadro connaturale della teologia liturgica
in genere e che anzi la liturgia fosse espulsa dalla sintesi teologica.
In S. Tommaso stesso la cosa è in parte evitata, come si vedrà
sotto; i teologi posteriori invece non seppero evitare il «pericolo.
Ma è anche vero che l'aver messo in fortissimo rilievo i sette
riti liturgici maggiori, di fronte al resto del complesso liturgico
che li circondano nella vita pratica cultica della Chiesa, ha permesso