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PDF, 3.421 KB - La Privata Repubblica

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giudizio e, successivamente, oggetto di ulteriore conferma a seguito delle dichiarazioni di<br />

Francesco Marino Mannoia, determinatosi a collaborare con la giustizia, durante la<br />

celebrazione del giudizio di appello dell’indicato procedimento penale.<br />

Nel corso dell’odierno dibattimento, Gaspare Mutolo, ha dichiarato di essere stato<br />

affiliato all’organizzazione criminale “Cosa Nostra” a far data dal 1973 (cfr. dichiarazioni<br />

rese dal Mutolo all’udienza del 7/6/1994).<br />

Nel periodo della propria lunga militanza in tale associazione criminale, egli ha<br />

confessato di avere commesso molteplici delitti, tra cui estorsioni, rapine, sequestri di<br />

persona, atti dinamitardi, contrabbando di sigarette, traffico di stupefacenti nonchè numerosi<br />

omicidi; egli ha dichiarato di avere già scontato, prima della propria collaborazione con la<br />

giustizia, circa ventun’anni di detenzione in carcere (cfr. ff. 20 e 21- 106 trascr. cit.).<br />

Ha riferito che i suoi primi contatti con l’ambiente mafioso risalivano ad un’epoca in<br />

cui, ancora molto giovane, lavorava alle dipendenze di tale Vetrano Salvatore, (“uomo<br />

d’onore” della famiglia di Stefano Bontate), in un garage a Palermo, nella via Monte Santo,<br />

frequentato da molti malavitosi tra cui Carmelo Napoli, Stefano Leale ed altri.<br />

Ha dichiarato di essere stato detenuto, intorno al 1964-1965, per reati contro il<br />

patrimonio, nel carcere dell’Ucciardone di Palermo, dove aveva avuto modo di conoscere<br />

molti “uomini d’onore” tra cui Rocco Semilia, Gioacchino Mansueto, Ignazio Saputo,<br />

Giovanni Spuchis e lo stesso Salvatore Riina.<br />

Da quel periodo in poi, proprio il Riina aveva assunto un atteggiamento di protezione<br />

nei suoi confronti: quando Mutolo venne trasferito alla casa penale di Augusta il Riina gli<br />

aveva consegnato un biglietto di raccomandazione da esibire a tale Vincenzo Di Maria,<br />

“uomo d’onore” della famiglia dell’Uditore; appena rientrato nel carcere di Palermo, grazie<br />

all’interessamento sempre del Riina, era stato trasferito in una cella con altri “uomini<br />

d’onore”; ed infine, dallo stesso Riina, al quale il Mutolo aveva riferito dei gravi dissidi<br />

esistenti in quel periodo all’interno della famiglia di Partanna-Mondello, aveva ricevuto la<br />

raccomandazione di mettersi sotto la protezione di “Saro” Riccobono una volta uscito dal<br />

carcere (cfr. ff. 4 e 5 trascr. in atti ud. cit.).<br />

Nel periodo in cui Mutolo, fuori dal carcere, aveva ripreso la propria attività<br />

delinquenziale, sempre nel settore dei reati contro il patrimonio unitamente al cognato<br />

Vincenzo De Caro e a tale Vincenzo Marino, egli aveva avuto modo di recarsi presso la<br />

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