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PDF, 3.421 KB - La Privata Repubblica

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avviarlo nei corretti canali istituzionali, con l’avvio di un contatto tra il detenuto e<br />

funzionari della D.I.A. incaricati di verificare l’effettiva consistenza della volontà del<br />

Mutolo di collaborare con la giustizia; l’opportunità, condivisa anche dal dott. Sinisi, di non<br />

comunicare ufficialmente la notizia di una “formale” collaborazione da parte di Mutolo,<br />

oltre che corrispondente ad un dato reale, non essendo disposto in quella fase il Mutolo ad<br />

avviare un rapporto di collaborazione con soggetti diversi dal dott. Falcone, in cui riponeva<br />

la massima fiducia, ed essendo, quindi, del tutto ancora da verificare la sua reale volontà di<br />

affidarsi alla protezione dello Stato (il che è comprovato dal travagliato “iter” che solo, a<br />

seguito dell’attività frattanto dispiegata dai funzionari della D.I.A., condusse Mutolo, alla<br />

formale collaborazione con la giustizia, solo in epoca successiva alla strage in cui perse la<br />

vita il dott. Falcone ed in ogni caso, prima, con l’Autorità Giudiziaria di Firenze e solo in un<br />

secondo tempo con l’Autorità Giudiziaria di Palermo) certamente, corrispondeva ad<br />

un’esigenza, peraltro evidenziata nella relazione del 17/12/1991, di evitare di esporre<br />

Mutolo, in quel momento detenuto, unitamente ad alcuni suoi stretti congiunti, in strutture<br />

carcerarie ordinarie, a rischi per la sua sicurezza.<br />

Certamente, nel caso in esame, era sembrato opportuno scongiurare, anche il minimo<br />

rischio, in quanto avrebbe potuto vanificare un contributo investigativo, che, se anche<br />

solamente annunciato, era apparso al dott.Falcone di estrema potenziale importanza,<br />

essendo egli ben consapevole, attraverso l’esperienza lavorativa maturata a Palermo, dello<br />

spessore mafioso del soggetto in questione e, quindi, delle enormi possibilità che una sua<br />

dissociazione avrebbe potuto offrire all’azione della Magistratura contro “Cosa Nostra”.<br />

A tutto quanto premesso, in ordine all’attendibiltà del collaborante in esame, deve<br />

ancora aggiungersi che, anche le dichiarazioni dello stesso rese in ordine alla rivelazione<br />

informale fatta al dott. Borsellino, poco prima dell’uccisione del magistrato, sui rapporti<br />

illeciti esistenti tra l’odierno imputato e “Cosa Nostra” hanno trovato puntuale conferma in<br />

plurime e concordanti risultanze dibattimentali .<br />

E’, infatti, emerso che, il dott. Borsellino, prima di essere ucciso, ebbe modo di<br />

confidare ad alcuni suoi stretti collaboratori che Mutolo gli aveva informalmente riferito il<br />

nome del dott. Contrada, come soggetto colluso con “Cosa Nostra”.<br />

A tal fine deve, in primo luogo, esaminarsi la testimonianza del tenente dei C.C.<br />

Carmelo Canale, il quale, avendo esercitato le funzioni di Comandante della Polizia<br />

Giudiziaria di Marsala, dagli anni ‘80 al Gennaio 1992, e quindi anche nel periodo in cui il<br />

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