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PDF, 3.421 KB - La Privata Repubblica

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stato portato in giro per la città con la massima tranquillità ("io stesso ero portato in giro<br />

per Palermo con la massima tranquillità; io non sono stato nascosto sopra le montagne, io<br />

sono stato in città a Palermo" - cfr. f. 19 trascr. cit.). Ha ricordato, a tal proposito, un<br />

particolare che lo aveva molto colpito: in quel periodo, si svolgevano frequenti riunioni di<br />

"uomini d'onore" in una casa di proprietà di Inzerillo Salvatore, all'epoca latitante, sita nei<br />

pressi dell'aeroporto di Boccadifalco (per localizzare la casa ha riferito che l'ingresso della<br />

stessa era posto di fronte ad un deposito che apparteneva a tale Montalto Salvatore, anch'egli<br />

latitante); ogni mattina si alzava dal vicino aeroporto militare un elicottero delle Forze<br />

dell'Ordine che, a suo avviso, non poteva non vedere le "centinaia" di macchine di gente che<br />

veniva da tutta la Sicilia, posteggiate nei pressi della casa dell'Inzerillo; il Buscetta aveva<br />

mostrato all'Inzerillo le proprie preoccupazioni ma questi lo aveva rassicurato dicendogli<br />

che “non aveva motivo di preoccuparsi” (cfr. ff. 17 e 18 trascr. cit.).<br />

Ha riferito di avere visto personalmente il dott. Contrada in un’unica occasione,<br />

quando, nel corso della sua traduzione dal Brasile nel 1972, erano stati inviati dalle Autorità<br />

italiane per prelevarlo, ed accompagnarlo a bordo di un vagone ferroviario presidiato dai<br />

C.C., due funzionari: il dott. Contrada ed il capitano Russo. In tale occasione si trovava in<br />

pessime condizioni fisiche perchè reduce da pesanti torture fisiche inflittegli dalla Polizia<br />

brasiliana alla quale aveva ammesso solo di chiamarsi Tommaso Buscetta; ha aggiunto che<br />

il dott. Contrada dopo averlo ascoltato con molto interesse aveva affermato che i metodi<br />

usati dalla polizia brasiliana sarebbero stati necessari anche a Palermo nei confronti dei<br />

mafiosi; il Buscetta, a questo punto, aveva espresso la propria opinione secondo cui con tali<br />

sistemi non avrebbero ottenuto nessun risultato perchè ” i mafiosi non parlano” (cfr. ff. 6-<br />

38- 54- e 94 trascr. cit.) .<br />

Il Buscetta ha, poi, dichiarato che già nel 1984 all'inizio della propria collaborazione,<br />

nel corso di un interrogatorio reso dinanzi al dott. Falcone, aveva riferito per la prima volta<br />

all'Autorità Giudiziaria le notizie in suo possesso sul conto del dott. Contrada. Ha ammesso<br />

di averlo fatto "mal volentieri" perchè in quel periodo non era disposto a parlare sul conto di<br />

uomini facenti parte dello Stato essendo convinto che ciò lo avrebbe esposto a gravi<br />

difficoltà; era stato il giudice Giovanni Falcone che avendo appreso tali notizie nel corso di<br />

un colloquio informale lo aveva convinto della necessità di mettere a verbale quanto a sua<br />

conoscenza (" già ne avevo parlato a voce con il dott. Falcone, direi che quasi lui, forse uso<br />

un termine inesatto, ma mi costrinse a fare il verbale, perchè disse: signor Buscetta, mi<br />

dispiace, lei ne ha parlato con me, io ho il dovere di mettere a verbale che lei me ne parlò,<br />

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