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PDF, 3.421 KB - La Privata Repubblica

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conoscenza, se non casualmente, dei segreti e delle attività illecite di “Cosa Nostra” (cfr. ff.<br />

12 e ss.).<br />

A proposito dei compiti svolti per conto dell’organizzazione mafiosa il Pennino ha<br />

dichiarato di essersi limitato a mettere al servizio di “Cosa Nostra” e dei suoi uomini la sua<br />

attività professionale di medico (ha riferito di attività esplicata in favore di alcuni latitanti,<br />

Graviano Giuseppe, Drago Giovanni, Sorce detto “Cecè”, Giovanni Prestifilippo, Di Peri<br />

Giovanni, in taluni casi prestandosi anche a simulazioni di patologie in favore di soggetti<br />

detenuti - cfr- ff. 14 e ss.), aveva, altresì, favorito l’assunzione di alcuni parenti di “uomini<br />

d’onore”, grazie alle sue aderenze politiche, ed in taluni casi aveva fatto da intermediario<br />

con alcuni imprenditori della zona di Brancaccio per ottenere il prezzo delle estorsioni<br />

pretese da “Cosa Nostra” (a tal proposito ha citato i costruttori Reale e Lipari - cfr. ff. 16 e<br />

ss.- 68 ud. cit.).<br />

Il Pennino, nel corso dell’odierno procedimento, ha reso dichiarazioni non<br />

concernenti direttamente l’imputato bensì soggetti a lui collegati a vario titolo secondo<br />

quanto emerso da altre risultanze dibattimentali e precisamente il dott. Pietro Purpi, Stefano<br />

Bontate, Pietro Conti ed il dott. Domenico Signorino .<br />

Per quanto concerne direttamente l’odierno imputato ha dichiarato soltanto di averlo<br />

conosciuto in occasione di un colloquio investigativo, richiesto dallo stesso dott. Contrada,<br />

nell’ambito delle indagini sull’omicidio di Michele Reina (cfr. ff. 39 e ss. - l’episodio è stato<br />

citato anche dall’imputato nel corso delle sue dihiarazioni all’udienza del 13/10/1995 ff. 38<br />

e ss.). Ha ricordato che nell’ambito di tale colloquio, avvenuto presso i locali della Squdra<br />

Mobile, il dott. Contrada gli aveva rivolto domande che avevano come oggetto esclusivo la<br />

frequentazione da parte del Reina dell’ippodromo e dell’ambiente delle scommesse<br />

clandestine, dati che gli risultavano da altre fonti, e che il Pennino non aveva voluto<br />

deliberatamente confermare per evitare di accreditare una pista investigativa da lui ritenuta<br />

disdicevole per la memoria del Reina, che era stato il segretario provinciale del suo partito.<br />

In realtà il Pennino sapeva che Michele Reina aveva frequentato l’ippodromo e lo aveva<br />

visto in contatto con due giovani allibratori clandestini, tali Pollicino Giovanni e Gargano<br />

Alessio, ma riteneva che la matrice del delitto non andasse ricercata in tale settore (ff. 57 e<br />

ss.). Ha dichiarato che anche suo padre, Gaetano Pennino, che frequentava l’ippodromo ma<br />

non partecipava alle scommesse clandestine era stato coinvolto nell’inchiesta relativa<br />

all’ippodromo insieme ad un suo fratello, ma dopo un arresto, protrattosi per circa quindici<br />

giorni, era stato rilasciato e la sua posizione era stata archiviata (cfr. ff. 59 e ss. - 86 e ss.).<br />

Con riferimento al dott. Pietro Purpi il collaborante ha dichiarato di averlo<br />

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