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PDF, 3.421 KB - La Privata Repubblica

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hanno indotto a collaborare con la giustizia, determinandolo a confessare gravissimi fatti<br />

criminosi, tra cui la sua partecipazione alla c.d. " strage di Capaci" ed all'omicidio dell'on.le<br />

Lima, in relazione al quale egli era già stato colpito da provvedimento restrittivo (la sua<br />

latitanza all'epoca della sua costituzione ai C.C. dipendeva proprio da tale provvedimento -<br />

cfr. ff. 47 e ss tracr. cit.). Ha dichiarato che, già da tempo, non condivideva le degenerazioni<br />

di quella che ha definito la "dittatura" imposta all'interno di " Cosa Nostra" da Riina<br />

Salvatore e Bernardo Provenzano ai quali, però, era impensabile opporsi, pena la morte (cfr.<br />

f. 63 trascr. cit). Ha citato taluni episodi delittuosi, sintomatici dell' "imbarbarimento" di<br />

"Cosa Nostra", che avevano coinvolto donne e bambini in gravi fatti di sangue: l'uccisione<br />

della moglie di Bontate Giovanni, Citarda; l'uccisione delle donne appartenenti alla famiglia<br />

di Marino Mannoia Francesco, l'uccisione di un bambino, nipote di Savoca Giuseppe a<br />

Brancaccio (cfr. ff 19 e ss. trascr. cit.). Ha, poi, riferito che, poco prima della sua definitiva<br />

decisione di consegnarsi alla giustizia, dopo un incontro con il Provenzano cui aveva<br />

partecipato insieme a tale <strong>La</strong> Barbera (sotto-capo della famiglia di Boccadifalco) ed a Ganci<br />

Raffaele, si era sentito rivolgere da quest'ultimo una frase che gli aveva fatto comprendere<br />

che la sua vita era in serio pericolo: " se ti mandano a qualche appuntamento, non andare in<br />

nessun posto! " (cfr. f. 19 trascr. cit).<br />

L'anzidetto incontro si era verificato poco dopo l'arresto del Riina e nel corso dello<br />

stesso il Provenzano aveva formulato la proposta di sequestrare il capitano "Ultimo",<br />

ritenuto il principale responsabile dell'arresto del Riina, suscitando sorpresa e reazioni di<br />

disappunto tra i presenti (cfr. ff. 19 e 26 e ss. trascr. cit). Successivamente a tale incontro si<br />

era verificato l'arresto di Ganci Raffaele e poco dopo Cancemi aveva ricevuto da tale Greco<br />

Carlo (indicato quale sotto-capo della famiglia della "Guadagna" il cui capo era Pietro<br />

Aglieri) un biglietto con il quale veniva invitato a recarsi ad un appuntamento alle sei e venti<br />

del mattino di fronte al negozio "Trionfante" di Palermo; memore dell'avvertimento<br />

rivoltogli dal Ganci, aveva preso il biglietto e lo aveva consegnato poco dopo ai Carabinieri<br />

di una stazione territoriale di Palermo ai quali ponendo fine alla sua latitanza si era<br />

costituito, passando, poco dopo, sotto la protezione dei C.C. del R.O.S (cfr. ff.30 e ss trascr.<br />

cit.) .<br />

Prima di riferire le notizie in suo possesso sui rapporti tra "Cosa Nostra" ed<br />

esponenti delle Istituzioni il Cancemi nel corso del suo esame dibattimentale ha precisato<br />

che già all'epoca delle collaborazioni dei pentiti Buscetta Tommaso e Contorno Salvatore<br />

l'organizzazione " Cosa Nostra" era venuta a conoscenza della notizia della loro<br />

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