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PDF, 3.421 KB - La Privata Repubblica

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Timpani commesso in carcere (cfr. ff. 39 e ss.) .<br />

Con riferimento all’odierno imputato ha dichiarato di non avere mai avuto occasione<br />

nè di conoscerlo nè di sentirne parlare, ma di avere assistito ad un episodio che lo<br />

riguardava mentre si trovava detenuto all’interno del carcere dell’Asinara, ristretto nella<br />

medesima cella con tre “uomini d’onore”: Cosimo Vernengo, Pietro Scarpisi e Vincenzo<br />

Spadaro (fratello di “Masino” Spadaro, e zio di “Lucchiseddu” , Francesco e “Tanino”<br />

Spadaro, “persone molto considerate all’interno di Cosa Nostra” cfr. ff. 45 e ss.- 58 ud.<br />

cit.).<br />

Intorno alla fine dell’anno 1992, mentre si trovavano nella stessa cella del predetto<br />

carcere, intenti a guardare alla televisione un servizio giornalistico riguardante l’arresto del<br />

dott. Contrada, ha dichiarato che lo Spadaro, “come se avessero arrestato qualcuno che gli<br />

interessava “ si era portato le mani ai capelli, accompagnando tale gesto, che il collaborante<br />

ha interpretato di sorpresa e sgomento, con la frase dialettale “ nnu consumaru !<br />

“ (letteralmente traducibile nella frase “ ce lo hanno consumato” - cfr. ff. 46 e ss.).<br />

Il Costa ha affermato che gli altri due detenuti, pur essendosi mostrati incuriositi a<br />

quella notizia ed alla reazione dello Spadaro, non avevano fatto alcun commento, nè lui<br />

stesso rendendosi conto della gravità della cosa aveva osato chiedere alcunchè allo Spadaro<br />

(cfr. f. 48). Successivamente aveva avuto modo di notare che ogni volta che in televisione<br />

venivano trasmesse notizie sulla situazione processuale del dott. Contrada lo Spadaro<br />

seguiva con attenzione i relativi servizi giornalistici.<br />

Con riferimento allo Spadaro il collaborante ha dichiarato di averlo personalmente<br />

conosciuto nell’Agosto del 1992, in occasione della loro comune traduzione al carcere di<br />

Pianosa, a seguito dell’approvazione del regime carcerario speciale di cui all’art. 41 bis, e di<br />

conoscerne l’elevato spessore delinquenziale per avere appreso notizie sul suo conto dai<br />

suoi stessi nipoti, insieme ai quali era stato in passato detenuto, e da Giovanni Pullarà, altro<br />

suo compagno di carcerazione (cfr. ff. 58 e ss.) .<br />

Ha riferito che nel Gennaio del 1994, mentre si trovava con Antonino Madonia<br />

all’interno del carcere dell’Asinara, questi aveva tentato di coinvolgerlo in un progetto di<br />

eliminazione fisica del dott. Di Gennaro, ma non avendo alcuna intenzione di commettere<br />

tale ennesimo delitto, che oltretutto avrebbe esposto se stesso ed i propri familiari ad<br />

ulteriori gravissime conseguenze, ed al contempo rendendosi conto di quali sarebbero stati<br />

gli effetti ancor piu’ gravi di un suo eventuale rifiuto alla proposta del Madonia, aveva<br />

maturato la scelta della collaborazione con la giustizia (ff. 63 e ss. ud. cit.). Al momento di<br />

tale decisione doveva ancora scontare una pena di circa dieci anni di reclusione essendo<br />

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