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PDF, 3.421 KB - La Privata Repubblica

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furono uccisi, in un brevissimo arco di tempo, i giudici Falcone e Borsellino, cui è<br />

effettivamente seguita un’incentivazione dell’impegno dello Stato nella lotta alla mafia, con<br />

l’approvazione di nuove norme in materia di protezione dei collaboratori di giustizia, un<br />

rafforzamento delle strutture logistiche, repressive ed investigative, ed un rinnovato<br />

impegno nella cattura dei latitanti “storici” della mafia.<br />

Le dichiarazioni rese e verbalizzate dal Buscetta nel 1984 sul conto dell’odierno<br />

imputato, ancorchè sintetiche e parziali, costituiscono un importantissimo “riscontro ex<br />

ante” delle piu’ ampie dichiarazioni che lo stesso Buscetta ha reso nel 1992, in un contesto<br />

probatorio di ampia convergenza con le dichiarazioni rese dagli altri numerosi collaboratori<br />

di giustizia e con le altre acquisizioni processuali.<br />

Di decisiva importanza, al fine di suffragare l’attendibilità del Buscetta, è la<br />

testimonianza resa al dibattimento dal dott. Antonino Caponnetto, già Consigliere Istruttore<br />

a Palermo dal Novembre 1983 al Marzo 1988, il quale, citato all’udienza del 19/5/1995<br />

quale teste della difesa, ha confermato che, nelle fasi preliminari di quell’interrogatorio del<br />

1984, il Buscetta aveva palesato ai giudici che lo interrogavano la propria riluttanza a<br />

verbalizzare i nomi di uomini della Questura di Palermo collusi con la mafia, pur avendo<br />

accennato informalmente a fenomeni di complicità e corruzioni provenienti da quegli<br />

ambienti (cfr. ud. 19/5/1995 -ff.5- 26). Il teste ha ricordato che sia il dott. Falcone che lui<br />

stesso avevano insistito per convincere Buscetta della necessità di verbalizzare le notizie in<br />

suo possesso (cfr. ff. 18-19 ud, cit.). Ha dichiarato che Buscetta si opponeva energicamente<br />

sostenendo di non ritenere opportuno in quel momento fare i nomi di politici ed esponenti<br />

delle Istituzioni adducendo seri rischi per l’incolumità propria e dei propri familiari ed<br />

anche rischi di generale perdita di credibilità (“disse: si farebbe un gran polverone se io<br />

rendessi dichiarazioni di questo genere in questo momento, rischierei di mettere in crisi non<br />

solo la credibilità delle mie dichiarazioni, ma la stabilità stessa delle istituzioni”cfr. ff. 19-<br />

20- 27 e ss. ud. cit.). Al momento della verbalizzazione Buscetta aveva dettato quella frase<br />

iniziale che escludeva connivenze all’interno degli ambienti di Polizia a Palermo non<br />

corrispondente al contenuto dei colloqui informali intrattenuti con i giudici, quindi aveva<br />

riferito l’episodio dell’offerta di ospitalità ricevuta dal Riccobono nel periodo della<br />

sottrazione al regime della semi-libertà e della conferma ricevuta dal Bontate in ordine<br />

all’esistenza di uno stretto rapporto tra Contrada e Riccobono (cfr. ff. 6- 26-27 ud. cit).<br />

Il teste Caponnetto, nel prosieguo della sua deposizione rispondendo alle domande<br />

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