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PDF, 3.421 KB - La Privata Repubblica

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fondamento della ricostruzione probatoria delle vicende delle “guerre di mafia” degli anni<br />

‘60 e ‘80 e soprattutto hanno consentito di delineare la prima “mappa” organica della<br />

struttura dell’associazione mafiosa “Cosa Nostra”. Per l’ampiezza ed efficacia del<br />

contributo investigativo offerto riscontrato in numerosi procedimenti penali ed in particolare<br />

nella già citata sent. n° 80 del 30/1/1992 la generale credibilità ed attendibilità del Buscetta,<br />

già processualmente acclarate, acquistano particolare rilevanza nell’ambito dell’odierno<br />

procedimento.<br />

Anche in questo processo deve, infatti, riconoscersi al Buscetta l’assoluta genuinità<br />

ed originalità delle accuse formulate a carico dell’imputato, rivelate sin dal lontano 1984 e<br />

cioè all’inizio del proprio rapporto di collaborazione con la Giustizia.<br />

Egli ha esaurientemente spiegato i motivi per cui non avrebbe voluto affrontare in<br />

quel momento la spinosa tematica del rapporto mafia-Istituzioni con la conseguenza che la<br />

rivelazione fatta al giudice Falcone sull'esistenza di un rapporto collusivo tra “Cosa Nostra”<br />

e l’imputato nel corso di un colloquio informale, che traeva spunto dalla richiesta di far<br />

assistere il dott. Cassarà ad un suo interrogatorio, lo aveva posto dinanzi all’ineludibile<br />

necessità manifestatagli dal dott. Falcone di verbalizzare quella notizia e quel nome. <strong>La</strong><br />

verbalizzazione era stata, quindi, il frutto di una precisa decisione adottata dal giudice che lo<br />

interrogava, che non poteva assecondare la volontà del dichiarante di non formalizzare una<br />

notizia di così pregnante rilevanza, e costui l'aveva quasi “subita”, accettandola “mal<br />

volentieri”. Da ciò il risultato di una verbalizzazione sintetica ed in alcuni punti<br />

contraddittoria, così come lo stesso dichiarante ha avuto modo di mettere bene in luce nel<br />

corso della sua deposizione dibattimentale.<br />

E’ appena il caso di richiamare che la seria titubanza dimostrata dal Buscetta nella<br />

fase iniziale della propria collaborazione ad affrontare la tematica dei rapporti mafia-<br />

appartenenti alle Istituzioni, è stata condivisa da altri collaboratori di giustizia di cui si è già<br />

avuto modo di parlare, Francesco Marino Mannoia e Gaspare Mutolo, i quali analogamente<br />

al Buscetta, non ritenevano che lo Stato italiano avesse predisposto adeguati strumenti di<br />

lotta alla mafia e di tutela in favore dei pentiti, temendo, altresì, le negative ripercussioni<br />

sulla loro generale attendibilità nello svelare i segreti a loro conoscenza su quel<br />

delicatissimo aspetto delle strategie di “Cosa Nostra” .<br />

Si è già evidenziato come, anche per questi propalanti, ha avuto un’efficacia<br />

determinante nel superamento delle predette esitazioni, l’effetto delle terribili stragi in cui<br />

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