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PDF, 3.421 KB - La Privata Repubblica

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arrivare fino qui agli uffici della Lesca a prendere lo stipendio, devo cercare di farmelo<br />

mandare a casa”. cfr. dich. rese dal Pirrone all’ud. dell’11/7/1995 che saranno oggetto di<br />

specifica disamina nel prosieguo della trattazione).<br />

Il Pirrone aveva anche constatato, accompagnando il Sutera a prelevare gli stipendi,<br />

che gli uffici della Lesca erano posti, di fronte al Palazzo di Giustizia di Palermo, particolare<br />

confermato dagli accertamenti di P.G. riferiti dal teste Luigi Bruno (cfr. f. 48 ud.<br />

19/9/1995).<br />

L’esito positivo della verifica concernente il rapporto di lavoro esistente con imprese<br />

del gruppo Cassina, sia per il Teresi che per il Sutera, nonchè la rilevata assenza del Teresi<br />

al momento della corresponsione degli stipendi, sintomatico di un atteggiamento di<br />

disinteresse all’impiego, significativamente coincidente con il comportamento di fastidio<br />

lamentato dallo stesso Sutera al Pirrone per dover ritirare le proprie buste-paga, e con<br />

quant’altro da tale altro collaborante constatato personalmente, consentono di ritenere<br />

riscontrata l’esistenza di un rapporto di lavoro dei predetti “uomini d’onore” con il Cassina<br />

di natura fittizia, il che è indice inequivocabile di assunzioni di mero favore concesse o<br />

mantenute dal predetto imprenditore.<br />

Tale tipo di rapporto, che è uno dei piu’ tipici in cui, normalmente, si realizza la<br />

“compiacenza” tra imprenditori e “Cosa Nostra”, nel caso in esame dimostra l’assunto<br />

dell’esistenza di una “protezione” del Cassina da parte del gruppo mafioso facente capo ai<br />

Bontate, giustificabile, sul piano logico, da una precisa richiesta finalizzata ad evitare<br />

ulteriori azioni criminali a danni del suddetto imprenditore, vittima del grave episodio<br />

delittuoso del sequestro del figlio, ascrivibile a matrice mafiosa.<br />

A ciò si aggiunga che, anche il collaboratore di giustizia Francesco Marino Mannoia,<br />

a sua volta “uomo d’onore” della famiglia mafiosa di Santa Maria Di Gesu’, molto vicino a<br />

Stefano Bontate, ha dichiarato di essere stato a conoscenza, fin da epoca antecedente alla<br />

propria formale affiliazione (risalente al 1975), dell’esistenza di una particolare intimità fra<br />

il Cassina ed il Bontate, ed infatti, quando si era verificato il sequestro del figlio di Cassina,<br />

che era stato opera del Riina, il Bontate, all’epoca ristretto in carcere, “andò su tutte le<br />

furie” (cfr. ud. 29/11/1994 ff. 90 e ss. Si rileva che la detenzione del Bontate nel periodo in<br />

esame è stata riscontrata attraverso gli atti di cui al citato fascicolo personale del predetto, da<br />

cui si evince che, egli, imputato nel noto processo dei “114”, arrestato in data 23/7/1971, in<br />

esecuzione dell’ordine di cattura emesso dalla locale Procura della <strong>Repubblica</strong>, siccome<br />

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