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PDF, 3.421 KB - La Privata Repubblica

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per curare il latitante mafioso Michele Graviano che con un colpo d’arma da fuoco aveva<br />

subito l’asportazione traumatica di quasi tutto un piede (cfr. ff. 7 e ss.). In tale occasione il<br />

Pennino aveva apprestato le prime cure al soggetto in questione procurandogli, poi, un<br />

contatto con un chirurgo che lo aveva operato presso una clinica privata della città. A<br />

seguito di tale fatto l’organizzazione aveva ritenuto che fossero maturate le condizioni per<br />

una sua formale affiliazione, peraltro consentita anche da una tradizione familiare di<br />

vicinanza ed appartenenza a “Cosa Nostra” (cfr. ff. 10- 34- 84 e 85).<br />

Ed infatti il collaborante ha dichiarato di avere appreso che oltre al cugino già citato,<br />

Di Caccamo Gioacchino, erano stati associati a “Cosa Nostra” altri suoi congiunti tra cui il<br />

nonno paterno suo omonimo, Gioacchino Pennino, già rappresentante della “famiglia” di<br />

Brancaccio al quale erano subentrati in tale carica prima il genero Di Caccamo Felice e<br />

successivamente un altro suo cugino, parimenti suo omonimo, Gioacchino Pennino;<br />

nell’ambito piu’ largo della sua parentela ha indicato come associati a “Cosa Nostra” un suo<br />

lontano cugino Mario <strong>La</strong> Rocca che aveva svolto attività politica all’interno del Partito<br />

Liberale ed il medico dott. Barbaccia suo parente acquisito (cfr. ff. 84 e 85).<br />

Il Pennino ha, quindi, descritto la cerimonia della sua formale iniziazione avvenuta,<br />

alla fine del 1977, presso l’abitazione del noto “uomo d’onore” Giuseppe Savoca, sita in via<br />

Leonardo Da Vinci, alla presenza del predetto Savoca, del Di Maggio Giuseppe, del cugino<br />

Di Caccamo Gioacchino e di altro “uomo d’onore” tale Di Peri Pietro (cfr. ff. 9 e 10 ud.<br />

cit.).<br />

In quella occasione gli era stato detto che la “famiglia” di Brancaccio faceva parte<br />

del mandamento capeggiato da Michele Greco, che aveva avuto modo di conoscere in<br />

quanto assiduo frequentatore del tiro al volo all’Addaura, dove lui stesso si recava fin da<br />

bambino in compagnia del padre e dove, successivamente, aveva conosciuto altri uomini di<br />

“Cosa Nostra” tra i quali Stefano Bontate, Giovanni Teresi detto “ il Pacchione”, Giuseppe<br />

Greco, i figli di Mario Prestifilippo ed altri (cfr. ff. 11- 21- 65 ud. cit.) .<br />

Sempre nel corso della cerimonia di affiliazione il suo capo-famiglia, il Di Maggio,<br />

gli aveva detto che la su adesione a “Cosa Nostra” per motivi di prudenza doveva restare<br />

“riservata”, sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione, e che ogni sua formale<br />

presentazione ad altri “uomini d’onore” doveva essere autorizzata da lui, dipendendo in<br />

modo diretto dal capo-famiglia (cfr. ff. 10 e ss.).<br />

Per tale motivo raramente il Pennino aveva avuto modo di partecipare a riunioni tra<br />

“uomini d’onore” (ha citato una sola occasione di una riunione con altri uomini d’onore<br />

presso il locale “<strong>La</strong> Bussola” di Mondello gestito da un associato, certo Teresi) e di venire a<br />

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