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PDF, 3.421 KB - La Privata Repubblica

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“ Quando sia difficile ottenere nel processo testimonianze dirette, per essersi i fatti<br />

svolti al di fuori della presenza altrui, il giudice puo' attingere la verita' dalle dichiarazioni<br />

del soggetto passivo il quale, per legge, riveste anche la qualita' di testimone, anche se in<br />

questo caso maggiore deve essere lo scrupolo nella rigorosa valutazione delle dichiarazioni<br />

del teste, della costanza ed uniformita' dell'accusa, delle circostanze e modalita'<br />

dell'accaduto e di tutto quanto possa concorrere ad assicurare il controllo della<br />

attendibilita' delle testimonianze”.<br />

Per quanto concerne le dichiarazioni rese nel processo dall’imputato,<br />

anteriormente all’entrata in vigore del nuovo codice permanevano incertezze<br />

nell’inquadramento dogmatico dell’istituto dell’interrogatorio dell’accusato, secondo alcuni<br />

da inquadrare tra i mezzi di prova, secondo altri tra le fonti indirette di prova ovvero tra gli<br />

strumenti di autodifesa.<br />

Il codice vigente pur risolvendo il nodo teorico della natura dell’esame<br />

dell’imputato, reso volontario ed annoverato tra i mezzi di prova (cfr. artt.208 e 209- 503<br />

c.p.p.), prevedendo, inoltre, che nel corso del dibattimento l’imputato possa intervenire con<br />

dichiarazioni spontanee purchè si riferiscano all’oggetto dell’imputazione e non intralcino<br />

l’istruzione dibattimentale (cfr. art. 494 c.p.p.), non ha risolto i problemi pratici attinenti alle<br />

valutazioni di quanto l’imputato abbia affermato a seguito di esame o spontaneamente.<br />

Ed invero, se per un verso l’imputato è il soggetto meglio informato dei fatti che<br />

costituiscono l’oggetto del processo, dall’altro è il soggetto processuale piu’ interessato a<br />

falsare il risultato dell’accertamento e come tale, la fonte meno attendibile di tutte quelle di<br />

cui dispone il giudice.<br />

L’imputato, inoltre, in quanto destinatario del diritto costituzionale di difesa, non si<br />

impegna a dire la verità e non subisce alcuna conseguenza per avere, eventualmente,<br />

affermato il falso non ricadendo sotto la comminatoria delle sanzioni penali e della<br />

disciplina processuale di cui è oggetto la falsa testimonianza .<br />

Tuttavia, anche se le sue dichiarazioni non potranno in alcun modo equipararsi a<br />

quelle delle altre fonti di prova, esse possono costituire legittimo strumento di conoscenza e<br />

di giudizio.<br />

Depongono in favore di tale tesi talune disposizioni normative: l’art. 209 c. II che<br />

prevede che se la parte (e quindi l’imputato) rifiuta di rispondere ad una domanda ne è fatta<br />

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