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PDF, 3.421 KB - La Privata Repubblica

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Il Cancemi ha ricordato l’episodio di Lucchese Giuseppe, che aveva appreso da un<br />

poliziotto i particolari relativi all’uccisione in Questura del Marino Salvatore tratto in arresto<br />

perchè sospettato dell’omicidio Montana (sul punto cfr. dep. Obinu ff. 33 e ss. ud. cit.) come<br />

caso sintomatico del fatto che “uomini d’onore” di notevole spessore criminale disponevano<br />

di fonti privilegiate all’interno della Questura di Palermo. Anche il Cancemi, così come<br />

Mutolo, ha dichiarato che le notizie relative alla collaborazione con la giustizia di alcuni<br />

esponenti di “Cosa Nostra” (Mutolo ha parlato del Mannoia, Cancemi del Contorno e del<br />

Buscetta) erano riuscite a trapelare all’esterno prima che fossero rese pubbliche, e ciò grazie<br />

ad infiltrati di cui “Cosa Nostra” disponeva all’interno delle Istituzioni ed ha descritto, per<br />

avere partecipato ad alcune riunioni alla presenza dei piu’ spietati esponenti corleonesi, il<br />

Riina ed il Provenzano, la strategia di sterminio deliberata da “Cosa Nostra” ai danni di tutti<br />

i parenti dei collaboratori di giustizia, compresi donne e bambini. Ha citato a tal proposito<br />

l’uccisione di alcuni parenti del Buscetta ed il triplice omicidio in pregiudizio delle parenti<br />

del Mannoia, come casi spietati di vendette trasversali (cfr. dep. Obinu ff. 24 e ss. ud. cit.).<br />

Ha dichiarato di avere ritenuto intollerabile la scelta di individuare come obiettivi<br />

dell’azione criminale di “Cosa Nostra” anche donne e bambini, fatto prima impensabile per<br />

le regole “storiche” che vigevano all’interno di tale organizzazione, e tra tali episodi ha<br />

citato quello dell’omicidio della moglie del Bontate Giovanni, Citarda Francesca,<br />

verificatosi il 28 settembre 1988 a Palermo e quello di Savoca Andrea (cl. 27/3/1987)<br />

rimasto ucciso a soli quattro anni a colpi d’arma da fuoco, insieme al padre Giuseppe il 26<br />

Luglio 1991 nella via Pecori Giraldi a Palermo (cfr. dep. Obinu ff. 23 e ss.ud. cit) . Proprio<br />

tali “eccessi” nella strategia di sterminio, imposta da quella che egli ha definito “la dittatura”<br />

di Riina e Provenzano, sarebbero stati alla base della propria scelta di collaborazione con la<br />

giustizia, le cui motivazioni il Cancemi ha ampiamente esposto, con dovizia di particolari.<br />

Ha spiegato di avere manifestato al Provenzano il proprio dissenso in relazione alla<br />

decisione di uccidere il capitano “Ultimo”, ritenuto uno dei principali artefici dell’arresto<br />

del Riina, ma tale sua posizione di “moderazione”, verosimilmente, aveva comportato la<br />

decisione della sua stessa eliminazione fisica, sulla quale era stato messo sull'avviso da<br />

Ganci Raffaele, a lui particolarmente legato da un rapporto di amicizia trentennale. Quando<br />

anche quest’ultimo soggetto era stato tratto in arresto, venuto meno all’interno di “Cosa<br />

Nostra” uno dei suoi principali punti di riferimento, egli aveva ritenuto che il proprio<br />

isolamento fosse ormai irreversibile e aveva deciso di consegnarsi alla Giustizia.<br />

<strong>La</strong> lunga militanza del Cancemi all’interno di “Cosa Nostra”, attraverso la<br />

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