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PDF, 3.421 KB - La Privata Repubblica

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numero di fatti penalmente rilevanti, in vista del perseguimento di un generico programma<br />

delinquenziale (elemento discretivo tra reati associativi e semplice partecipazione criminosa<br />

di cui all’art. 110 c.p.), determina per sè stesso una lesione di quel precipuo bene giuridico<br />

ravvisabile nell’ordine pubblico, che si identifica nell’assetto istituzionale vigente sul quale<br />

poggia l’ordinata convivenza civile, e pertanto giustifica l’intervento punitivo dello Stato<br />

indipendentemente dalla commissione di eventuali reati-fine.<br />

Elemento caratterizzante e specializzante della fattispecie di cui all’art. 416 bis c.p.<br />

rispetto all’associazione per delinquere semplice, è certamente da ritenersi il peculiare<br />

metodo utilizzato dal sodalizio per conseguire le proprie finalità, le quali, pur potendo essere<br />

in taluni casi di per sè non penalmente rilevanti (es. acquisizione del controllo di attività<br />

economiche, di concessioni, di autorizzazioni ecc.), si convertono in illecite proprio per<br />

l’adozione di una peculiare metodologia, che la norma incriminatrice di cui all’art. 416 bis<br />

c.p. ha posto come elemento oggettivo della nuova fattispecie penale.<br />

Tale metodo è, quindi, qualificato non tanto in relazione alle finalità perseguite ma<br />

soprattutto in relazione al “modus operandi” dell’organizzazione criminale, che assurge ad<br />

elemento strumentale costitutivo della condotta associativa, ed è proprio per la maggiore<br />

insidiosità, insita nel metodo usato e nella conseguente maggiore pericolosità che da esso<br />

deriva all’ordine pubblico che il legislatore ha inteso reprimere con maggiore efficacia la<br />

forma associativa di stampo mafioso (in tal senso cfr. Cass. sez. II sent. n° 05386 del<br />

10/05/1994).<br />

Il metodo mafioso, espressamente descritto nel comma III dell’art. 416 bis c.p., si<br />

connota, dal lato attivo, nell’utilizzazione della forza intimidatrice nascente dal vincolo<br />

associativo e, dal lato passivo, in una correlazione di causa ed effetto, nella condizione di<br />

assoggettamento e di omertà che da detta forza deriva per il singolo, sia all’esterno che<br />

all’interno dell’associazione.<br />

Momento centrale del parametro descrittivo offerto dalla norma per l’individuazione<br />

del “ metodo mafioso” deve, quindi, ritenersi la forza di intimidazione che può<br />

sinteticamente ravvisarsi nella capacità propria di certe organizzazioni criminali di incutere<br />

timore determinando un diffuso stato di coazione psicologica (vero e proprio stato di<br />

“succubanza”) tale da costringere chi la subisce a comportamenti non voluti per timore di<br />

azioni esemplari e terribili, il cui verificarsi è ritenuto altamente probabile per il sistematico<br />

ricorso da parte dell’associazione a forme di violenza.<br />

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