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PDF, 3.421 KB - La Privata Repubblica

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proprie “prove” convalidanti la sua deposizione in ordine alle fasi iniziali della propria<br />

collaborazione, non poteva che condurre, da un punto di vista logico, alla necessaria<br />

conseguenza di coinvolgere nel giudizio di falsità anche quelle prove che della veridicità del<br />

collaborante costituiscono, sul punto in esame, inconfutabile conferma.<br />

<strong>La</strong> difesa non è stata, però, in grado di fornire alcuna plausibile giustificazione alle<br />

motivazioni per cui un teste, come il dott. Sinisi, che il Collegio reputa altamente qualificato<br />

ed assolutamente disinteressato, avrebbe dovuto mentire allo scopo di accreditare la<br />

versione di un collaboratore di giustizia, esponendosi con le proprie dichiarazioni, rese sotto<br />

impegno di dire la verità, alle conseguenze di una falsa testimonianza.<br />

L’ipotesi appare, pertanto, del tutto indimostrata, e peraltro contraddetta da altre<br />

convergenti risultanze probatorie, così come infondata ed assolutamente priva di ogni<br />

riscontro appare la tesi difensiva del “complotto”, che nella progressione delle ipotesi<br />

difensive formulate, si configura come quella piu’ suggestiva, ma al contempo, piu’<br />

inconsistente, ed in quanto tale si appalesa come l’estremo tentativo posto in essere dalla<br />

difesa di contrastare inoppugnabili risultanze probatorie.<br />

Poche parole ritiene, poi, il Tribunale di dovere spendere sull’asserita scorrettezza,<br />

nel caso in esame, del comportamento assunto da parte del dott. Falcone e ciò per due,<br />

sostanziali, ordini di ragioni: 1) non v’è necessità di “giustificare” il comportamento di un<br />

magistrato che, per l’assoluta coerenza e l’indiscutibile efficacia del proprio impegno contro<br />

la criminalità mafiosa, ha pagato il piu’ alto tributo a tale causa, con la perdita della sua<br />

stessa vita; 2) in ogni caso non si vede quale refluenza potrebbe avere in ordine alla<br />

posizione dell’odierno imputato ed al giudizio di attendibilità su Mutolo, l’asserito<br />

comportamento assunto dal dott. Falcone, posto che univoche risultanze dibattimentali<br />

hanno acclarato che il predetto collaboratore di giustizia, fin dal preliminare contatto del<br />

Dicembre del 1991, indicò l’odierno imputato come soggetto colluso con la mafia.<br />

A tal proposito si ritiene doveroso, comunque, evidenziare che in modo<br />

assolutamente corretto il dott. Falcone, come risulta dalle esposte emergenze documentali,<br />

provvide ad avere, per vie ufficiali, il colloquio richiestogli da Mutolo, informando di tale<br />

richiesta sia la Procura della <strong>Repubblica</strong> di Civitavecchia che il Direttore Generale del<br />

Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria; in modo altrettanto tempestivo e corretto,<br />

spiegò al Mutolo, che egli non aveva titolo per avviare con lui un rapporto di<br />

collaborazione, concludendo in brevissimo tempo quel colloquio ed impegnandosi ad<br />

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