PDF, 3.421 KB - La Privata Repubblica

deposizione fermezza e precisione, ricevendo su molti punti del suo racconto conferme dalle
altre testi citate sull’episodio in oggetto.
Non sussite, quindi, alcuna plausibile ragione per disattendere tale testimonianza
che, unitamente alle altre risultanze acquisite, costituisce ulteriore conferma dell’esistenza di
un rapporto tra l’odierno imputato e Rosario Riccobono, nonchè della sua disponibilità a
ricevere “mazzette dai mafiosi”, il che si pone come diretta conferma di quanto il
collaborante Pirrone ha, a sua volta, dichiarato di avere appreso proprio dalle figlie dello
stesso Riccobono ed alla presenza della di lui moglie.
Come già evidenziato il Pirrone risulta soggetto mai perseguito dal dott. Contrada
nel corso della propria attività investigativa e fin dall’inizio della propria collaborazione in
contatto con l’Autorità giudiziaria milanese, mai interessata alle indagini ed al processo a
carico dell’odierno imputato; tali elementi consentono di ritenere genuina la sua scelta di
collaborazione con la giustizia ed insostenibile ogni linea difensiva fondata su propositi di
vendetta o su asseriti “complotti”.
Gli elementi riferiti dal Pirrone, in quanto si incrociano con elementi di prova emersi
“aliunde” a carico dell’imputato, provenienti da dichiarazioni rese da altri collaboratori di
giustizia, da prove documentali e testimoniali, appaiono nel loro complesso riscontrate “ab
extrinseco” e contribuiscono a rafforzare il quadro accusatorio a carico dell’imputato sia in
ordine ai suoi illeciti rapporti con il Riccobono sia con altri esponenti dell’organizzazione
mafiosa (Conti Pietro) a sua volta legati alla famiglia Bontate.
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