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PDF, 3.421 KB - La Privata Repubblica

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“In tema di valutazione della testimonianza, il sistema introdotto dal nuovo c.p.p. è<br />

di separare nettamente la valutazione della testimonianza ai fini della decisione del processo<br />

in cui è stata resa e la persecuzione penale del testimone che abbia deposto il falso,<br />

attribuendo al giudice del primo processo il solo compito di dare al P.M. notizia del reato,<br />

quando ne ravvisi gli indizi in sede di valutazione complessiva di tutto il materiale raccolto.<br />

Ne consegue che la deposizione del teste falso resta parte integrante nel processo in cui è<br />

stata resa ed è prova in questo utilizzabile e valutabile in relazione all’altro materiale<br />

probatorio acquisito” (cfr. CASS. SEZ. VI sent. n° 16661 del 19/12/1990).<br />

Una peculiare forma di testimonianza ad “utilizzabilità condizionata” è quella<br />

indiretta disciplinata dall’art. 195 c.p.p.: “ quando il testimone si riferisce, per la<br />

conoscenza dei fatti, ad altre persone, il giudice, a richiesta di parte, dispone che queste<br />

siano chiamate a deporre. Il giudice può disporre anche d’ufficio l’esame della persone<br />

indicate nel comma 1”.<br />

I successivi commi III° e VII° dell’articolo citato dettano le condizioni di<br />

utilizzabilità di tale forma di testimonianza : ove una parte ne abbia fatto richiesta il giudice,<br />

a pena di inutilizzabilità, deve chiamare a deporre il teste di riferimento a meno che l’esame<br />

risulti impossibile per morte, infermità o irreperibilità dello stesso; non può essere utilizzata<br />

la testimonianza di chi si rifiuta o non è in grado di indicare la fonte della propria<br />

conoscenza.<br />

Il legislatore, quindi, pur contemplando la testimonianza indiretta come mezzo di<br />

prova ha introdotto una triplice condizione per assicurare un controllo su tale forma di<br />

conoscenza: che la fonte sia indicata dalla persona soggetta ad esame; che tale fonte, ove<br />

una parte lo richieda o lo stesso giudice ritenga di farlo d’ufficio, sia a sua volta esaminata,<br />

salva impossibilità; che il giudice effettui una valutazione comparata tra le due risultanze<br />

acquisite.<br />

A tal proposito la giurisprudenza della Suprema Corte ha affermato che una volta<br />

chiamato a deporre il teste di riferimento e questo, eventualmente, abbia escluso la veridicità<br />

di quanto riferito dal teste “de relato” ciò non esclude che il giudice possa liberamente<br />

valutare le due deposizioni, riconoscendo maggior attendibilità a quella “de relato” piuttosto<br />

che a quella della persona alla quale è stato fatto riferimento (cfr. in tal senso CASS. sez. I<br />

n° 05672 del 17/2/1994 - sez. VI n° 06873 del 9/7/1993 - sez. V n° 04794 del 30/4/1991) .<br />

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