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PDF, 3.421 KB - La Privata Repubblica

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dott. Cassarà ed il dott. Montana ricoprivano incarichi nell’ambito della sezione<br />

investigativa; ha riferito, quindi, che i suoi rapporti di lavoro erano consistiti nella piu’<br />

stretta collaborazione con i predetti funzionari per tutto ciò che concerneva le indagini<br />

condotte dalla Squadra Mobile di Palermo in materia di criminalità organizzata e ricerca di<br />

latitanti mafiosi (cfr. ff. 11 e ss. ud. 8/7/1994).<br />

Ha dichiarato di essere rimasta in servizio presso la Squadra Mobile di Palermo fino<br />

al 1988 avendo avuto, quindi, modo di collaborare anche con il dott. Montalbano nel<br />

periodo in cui questi aveva diretto, nel biennio 1986-1988, la sezione investigativa; ha<br />

risposto affermativamente alla specifica domanda rivoltale tendente ad accertare se fosse<br />

vero che aveva riferito al dott. Montalbano, nei primi tempi della sua permanenza a<br />

Palermo, delle “serie diffidenze” nutrite dai dott.ri Cassarà e Montana nei confronti del dott.<br />

Contrada e del dott. D’Antone (cfr. f. 12 ud. cit.).<br />

Ha precisato che il dott. Montalbano era giunto alla Squadra Mobile di Palermo dopo<br />

una fase drammatica in cui la struttura investigativa versava in difficili condizioni; resasi<br />

conto che il nuovo dirigente dimostrava di essere un funzionario capace con una buona<br />

esperienza di Polizia Giudiziaria aveva ritenuto doveroso metterlo al corrente di alcune<br />

situazioni di cui era a conoscenza: nello svolgimento del lavoro investigativo, ed in<br />

particolare nelle indagini nel settore della ricerca dei latitanti di un certo spessore criminale,<br />

i dott.ri Cassarà e Montana avevano manifestato la loro intenzione di non comunicare ad<br />

altri, ed in particolare al dott. Contrada, tutto quello che si andava facendo; identico<br />

atteggiamento i due funzionari avevano adottato nei confronti del dott. D’Antone (cfr. ff. 13<br />

e ss. ud. cit.).<br />

Ha specificato di avere rilevato, con assoluta certezza, dal comportamento che i<br />

dott.ri Cassarà e Montana adottavano nel concreto svolgimento della loro attività lavorativa,<br />

la seria diffidenza che nutrivano nei confronti del dott. Contrada, all’epoca Capo di<br />

Gabinetto dell’Alto Commissario: si trattava di una diffidenza nei confronti della persona e<br />

non dell’Ufficio che egli rappresentava; ad esemplificazione di ciò ha ricordato che quando<br />

provenivano da tale ufficio richieste di approfondimenti di indagini e di scambi di<br />

informazioni, la teste aveva avuto modo di constatare, assistendo ad alcuni colloqui<br />

telefonici tra il dott. Contrada ed il dott. Cassarà, che questi non gli forniva informazioni<br />

complete sulle indagini che aveva in corso (“ recepivo perchè ero presente a qualche<br />

telefonata che le risposte che il dott. Cassarà forniva in merito a determinati episodi non<br />

erano complete..io sapevo che conosceva piu’ particolari di quelli che riferiva al telefono al<br />

dott. Contrada” cfr. ff. 14 e ss. ud. cit.).<br />

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