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PDF, 3.421 KB - La Privata Repubblica

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millanterie ai danni del collaborante non potrebbe avere alcun fondamento ove si consideri<br />

che la fonte delle notizie riferite dal Marchese è essenzialmente lo zio, ed è illogico che<br />

questi abbia detto il falso ad uno dei suoi piu’ fidati adepti, peraltro suo stretto<br />

consanguineo; secondo quanto dichiarato dallo stesso collaborante, Marchese Filippo non<br />

rivendicava a proprio merito il mantenimento del rapporto con il dott. Contrada bensì gli<br />

aveva riferito che erano i Greco gli intermediari privilegiati tra il predetto funzionario di<br />

Polizia e lo schieramento corleonese; inoltre Marchese Giuseppe aveva avuto modo di<br />

comprendere a seguito del comportamento del Riina cui era stata riferita la notizia<br />

comunicata dal Contrada, che questi era perfettamente a conoscenza del ruolo svolto dal<br />

funzionario per conto di “Cosa Nostra”, circostanza di valore decisivo per escludere<br />

qualsiasi ipotesi di millanteria.<br />

Altrettanto infondata deve ritenersi ogni linea difensiva fondata sull’ipotesi della<br />

calunnia per vendetta, attesocchè, come ammesso dallo stesso imputato, egli non aveva<br />

avuto modo di occuparsi nel corso della propria carriera del Marchese Giuseppe che era<br />

ancora un ragazzino quando svolgeva funzioni di Polizia Giudiziaria a Palermo. Non è<br />

neanche ipotizzabile una sorta di “vendetta trasversale” posta in essere dal Marchese per<br />

vendicare i propri parenti denunciati nel 1981 dall’imputato con il rapporto giudiziario<br />

esaminato, perchè, a seguito della propria collaborazione, il Marchese ha accusato i suoi<br />

parenti, e anche il fratello di gravissimi crimini ed ha reso dichiarazioni accusatorie anche<br />

nei confronti di altri appartenenti alla polizia.<br />

Alla luce delle risultanze acquisite e delle argomentazioni svolte l’attendibilità del<br />

Marchese appare positivamente riscontrata.<br />

8. III Le dichiarazioni di Pietro Scavuzzo<br />

Pietro Scavuzzo, nato a Vita il 29/4/1956, ha confessato di aver fatto parte di “Cosa<br />

Nostra” quale componente della famiglia mafiosa di Vita, in provincia di Trapani,<br />

formalmente affiliato nell’anno 1982, dopo essere uscito dal carcere dove aveva scontato<br />

una pena di circa quattro anni di reclusione, per il reato di rapina (cfr. ff. 1 e ss.- 88 e ss.<br />

trascr. in atti udienza del 26/5/1994).<br />

Nel corso del presente processo ha descritto le modalità della propria formale<br />

“combinazione”, avvenuta a Mazara Del Vallo, presso l’abitazione di Salvatore Tamburello,<br />

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