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PDF, 3.421 KB - La Privata Repubblica

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stato tempestivamente avvisato che da lì a poco sarebbe stato emesso un provvedimento<br />

restrittivo nei suoi confronti; la stessa giornata in cui aveva appreso tale notizia il<br />

Commissario Gioia aveva provveduto ad informare la dott.ssa De Ponte; pochi mesi dopo,<br />

nel Febbraio del 1989, era giunto in Svizzera il dott. Giovanni Falcone per l’espletamento di<br />

una commissione rogatoria ed il Commissario Gioia era stato incaricato di andare ad<br />

accoglierlo all’aeroporto, essendo addetto anche al servizio sicurezza dei magistrati in visita<br />

in Svizzera per motivi d’ufficio; nel corso del colloquio avuto con il magistrato italiano nel<br />

suo ufficio gli aveva riferito che il Tognoli gli aveva rivelato di essere stato avvisato prima<br />

di fuggire da Palermo da un funzionario di Polizia; il teste ha precisato che quella stessa<br />

mattina il dott. Falcone era stato accompagnato dalla dott.ssa Del Ponte che aveva fissato un<br />

interrogatorio del Tognoli per il procedimento a suo carico pendente in Svizzera; ha<br />

dichiarato di non aver assistito al predetto interrogatorio nè alle successive commissioni<br />

rogatorie espletate dai magistrati italiani sia in quella occasione (nel Febbraio 1989) che nel<br />

Maggio successivo, ha però ricordato che, al termine di uno degli interrogatori svolti dalla<br />

dott.ssa Del Ponte, il dott. Falcone gli aveva riferito che il Tognoli, nel corso di un colloquio<br />

informale cui aveva assistito anche la dott.ssa De Ponte, aveva ammesso che il funzionario<br />

di Polizia che lo aveva informato era Bruno Contrada, di cui il Commissario Gioia non<br />

aveva mai sentito il nome prima di quella occasione; il dott. Falcone lo aveva pregato di<br />

tentare di convincere il Tognoli a mettere a verbale quella notizia dichiarata informalmente;<br />

quando il dott. Falcone era rientrato in Sicilia il Commissario Gioia, nel corso di numerosi<br />

incontri con il Tognoli in occasione dei sui trasferimenti dal carcere al Palazzo di Giustizia o<br />

per i colloqui con i suoi familiari, aveva tentato di convincerlo a verbalizzare la rivelazione<br />

fatta al dott. Falcone con esplicito riferimento al nome del dott. Contrada; il Tognoli, pur<br />

non avendo mai negato di avere fatto la predetta ammissione, aveva tergiversato per<br />

metterla a verbale adducendo motivi di paura per sè ed i propri familiari e rispondendo con<br />

frasi del tipo “ adesso non è il momento, aspettiamo magari piu’ tardi”- “ non è affare che<br />

interessa voi, lasciate che se la sbrighino in Italia”; su specifica domanda della difesa<br />

tendente ad accertare le motivazioni di quella paura (“ ma le motivazioni della paura quali<br />

erano esplicitamente, quando diceva paura motivava questa paura? -) il teste ha risposto: “<br />

Si, paura nel senso che la mafia avrebbe potuto fare delle ritorsioni o provocare male fisico<br />

ai suoi familiari”; alla domanda rivolta dal P.M. tendente a collocare cronologicamente<br />

l’epoca di detti colloqui (“ Lei ricorda se dopo questi colloqui nel corso dei quali Tognoli<br />

diceva sempre di no, vi fu un momento processuale, ufficiale, nel quale Tognoli manifestò<br />

questa identica volontà di non verbalizzare ciò che aveva detto a Falcone?”) il teste ha<br />

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