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PDF, 3.421 KB - La Privata Repubblica

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invitati i coniugi Contrada, ebbe toni di grande disppunto e manifestò l’idea di andarsene<br />

qualora fossero venuti ”cfr. ff. 3-4-40 ud. cit.).<br />

Ha precisato che quando si era verificato il fallimento dell’operazione di Polizia<br />

presso l’albergo “Costa Verde” il marito l’aveva informata che l’operazione era stata<br />

“intralciata” dal dott. D’Antone, che proprio in quella occasione aveva definito “ uomo del<br />

dott. Contrada”; anche nei confronti del suo diretto dirigente, il dott. D’Antone, già in<br />

quell’epoca aveva avuto modo di maturare la propria diffidenza (cfr. ff. 16 e ss.-28 e ss.-38<br />

ud. cit.) .<br />

Ha parlato dello stato di sovraesposizione e di isolamento nel quale era venuto a<br />

trovarsi il marito a seguito della sua deposizione al processo per l’omicidio Chinnici: in tale<br />

processo, celebrato dinanzi alla Corte di Assise di Caltanissetta, il marito aveva riferito che<br />

il dott. Chinnici gli aveva parlato di un imminente mandato di cattura da emettere a carico<br />

dei cugini Salvo; soltanto il giudice Paolo Borsellino ed il cap. dei C.C. Pellegrini avevano<br />

confermato tale circostanza mentre gli altri testi ed in particolare il suo dirigente dott.<br />

D’Antone l’avevano smentita; nel Marzo del 1984, coevamente alla testimonianza resa dal<br />

marito, erano giunte diverse telefonate anonime di minaccia presso la loro abitazione che il<br />

marito aveva ritenuto particolarmente allarmanti; il dott. Francesco Forleo, segretario del<br />

sindacato di Polizia S.I.U.L.P. cui aderiva il marito, con il quale questi intrattenneva “<br />

rapporti di grande stima, fiducia reciproca e confidenza” , subito dopo un esposto che i<br />

cugini Ignazio e Nino Salvo avevano presentato nei confronti del marito, aveva inviato una<br />

lettera ufficiale al Ministro dell’Interno pro-tempore, rappresentandogli la preoccupazione<br />

per la situazione di pericolo in cui versava il dott. Cassarà al quale, poco dopo tempo, era<br />

stata assegnata una macchina blindata ed una minima scorta; ha riferito che in quel periodo<br />

la famiglia era stata costretta a lasciare per ragioni di sicurezza una casa a piano terra<br />

trasferendosi in un’abitazione ad un piano alto di un palazzo sito nella via Croce Rossa,<br />

dove era stata installata una porta blindata; ha riferito che, secondo quanto aveva sentito dire<br />

dal marito al titolare della ditta che aveva installato la porta, la fattura era stata recapitata al<br />

dott. Contrada, all’epoca Capo di Gabinetto dell’Alto Commissario per la lotta alla mafia<br />

(cfr. ff. 7 e ss. - 36 e ss. ud. cit.- pp.vv. trascrizioni deposizione resa da Iacovoni <strong>La</strong>ura<br />

dinanzi alla Corte di Assise di Palermo cit.).<br />

Dopo l’omicidio del marito, avvenuto il 6 Agosto 1985 a pochi giorni di distanza da<br />

quello del dott. Giuseppe Montana (28 Luglio 1985) che era stato uno dei suoi piu’ vicini<br />

collaboratori, la sig.ra Cassarà, memore delle diffidenze che il marito aveva nutrito nei<br />

confronti di uomini appartenenti al proprio ambiente di lavoro, si era energicamente opposta<br />

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