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PDF, 3.421 KB - La Privata Repubblica

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nell’epoca in oggetto) e dove, in talune situazioni di “emergenza” il gestore del ristorante<br />

preparava dei tavoli (lo Spatola ha specificato che in tale parte potevano essere sistemati uno<br />

o al massimo due piccoli tavoli, altro particolare confermato dal teste Pedone- cfr. f. 20 ud.<br />

27/4/1994- ff. 80 e 89 ud. 7/9/1994).<br />

<strong>La</strong> circostanza, cui la difesa ha dedicato molta attenzione nel corso del proprio<br />

controesame, secondo cui lo Spatola nell’interrogatorio reso al P.M. il 25/3/1993 aveva<br />

adoperato il termine “saletta riservata” per indicare il luogo dove aveva visto il tavolo in<br />

questione, a differenza della piu’ ampia locuzione adoperata all’odierno dibattimento di “<br />

tavolo posto in posizione appartata”, è priva di rilievo per screditare l’attendibilità del<br />

collaborante.<br />

Orbene, secondo lo stesso racconto offerto coerentemente dallo Spatola, con il<br />

termine “saletta riservata” egli non aveva mai inteso riferirsi ad una sala chiusa non visibile<br />

dal resto del locale: infatti ha precisato che non vi erano porte divisorie ed ha sempre<br />

sostenuto di avere visto quel tavolo entrando nel locale.<br />

<strong>La</strong> circostanza che tale tavolo fosse posto in una zona rialzata in fondo al locale (che<br />

corrisponde allo stato dei luoghi), sempre coerentemente esposta dal collaborante (tanto che<br />

sul punto non è stata sollevata alcuna contestazione), consentiva soltanto di essere posti in<br />

disparte rispetto al resto della sala per potere eventualmente parlare riservatamente, ma non<br />

senza essere visti, tanto che lo stesso Spatola aveva avuto modo di vedere i soggetti indicati.<br />

Alla luce di tali considerazioni il fatto che il collaborante, peraltro soggetto di scarsa<br />

cultura (ha dichiarato di avere conseguito la licenza elementare - cfr. f. 100 ud. cit.) cui non<br />

può attribuirsi la capacità di fare sottili distinzioni di tipo linguistico, abbia usato in un<br />

interrogatorio il termine “saletta riservata” e che poi abbia meglio detto che si trattava di<br />

“zona appartata” non incrina la sostanziale coerenza della sua narrazione.<br />

Nel corso delle spontanee dichiarazioni rese all’udienza del 10/5/1994, l’imputato ha<br />

avanzato il sospetto che il mutamento dei termini adoperati dallo Spatola per individuare il<br />

luogo in cui lo aveva visto in compagnia del Riccobono (“saletta riservata”<br />

nell’interrogatorio del 25/3/1993 e “luogo appartato” nel successivo interrogatorio del<br />

23/12/1993) fosse da ricollegare all’esito di una richiesta di acquisizione della piantina<br />

planimetrica originaria del ristorante “Delfino”, inoltrata attraverso i propri difensori in data<br />

18/11/1993, e quindi in epoca intermedia rispetto ai due indicati interrogatori dello Spatola.<br />

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