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PDF, 3.421 KB - La Privata Repubblica

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in cui si trovava il vecchio vertice della "Commissione", rappresentato dallo stesso<br />

Riccobono, da Stefano Bontate, da Salvatore Inzerillo ed altri, a causa dell'emergere dell'ala<br />

piu’ intransigente c.d. "dei Corleonesi", diretta da Salvatore Riina, e di cui facevano parte,<br />

tra gli altri, Michele Greco, Bernardo Provenzano e Bernardo Brusca; il Riccobono era<br />

desideroso che Buscetta fosse rimesso in libertà, perchè sperava che potesse prendere il<br />

posto di "Pippo" Calò all'interno della Commissione e riteneva che con le sue capacità di<br />

mediazione e la sua forte personalità si potessero raggiungere equilibri piu’ soddisfacenti in<br />

seno ad essa. Così, quando Buscetta, ormai fuori dal carcere, aveva parlato al Riccobono del<br />

suo progetto di trasferirsi da Palermo, questi aveva mostrato tutto il suo interesse a che ciò<br />

non si verificasse quasi esigendo che non andasse via (" si aspettava me per fare la guerra a<br />

sti viddani che non se ne poteva piu’" -cfr. 7 e 8 trascr. ud. cit.).<br />

Il Buscetta, su specifiche domande rivoltegli dalla difesa, ha chiarito che nella logica<br />

degli schieramenti mafiosi dell’epoca, se fosse rimasto a Palermo sarebbe diventato capo-<br />

mandamento, alleato del Riccobono, in ciò incoraggiato dallo stesso “Pippo” Calò che gli<br />

aveva manifestato la volontà di farlo subentrare al suo posto essendo stanco delle continue<br />

tensioni interne con i “Corleonesi”; ha aggiunto che solo quest’ultimo gruppo temeva una<br />

sua scelta in tal senso e per tale motivo sarebbe stato proprio tale gruppo a scatenare una<br />

vera persecuzione ai suoi danni avviando un’azione di sterminio in pregiudizio di molti<br />

componenti della sua famiglia (cfr. ff. 64 - 66 e 67 trascr. cit.) . Ha inoltre riferito che, pur<br />

non avendo dubitato della fondatezza della notizia appresa dal Riccobono sul conto del dott.<br />

Contrada, era rimasto molto sorpreso perchè sapeva che nell'ambiente mafioso quest'ultimo<br />

godeva fama di poliziotto temibile avverso a "Cosa Nostra" (" io non dubitai di quello che<br />

mi disse Riccobono, la mia perplessità era quello che era stato il dott. Contrada e quello<br />

che mi veniva detto da Riccobono! Era una perplessità, piu’ che altro stupore, incredulità:<br />

come da nero era diventato bianco !"); lo stesso Buscetta, infatti, nel periodo della sua<br />

permanenza a Palermo, tra il 1972 ed il 1977, durante la detenzione al carcere<br />

dell'Ucciardone, aveva raccolto numerosi commenti da parte di "uomini di Cosa Nostra"<br />

che, definendo il dott. Contrada nel peggiore dei modi, dimostravano di considerarlo un<br />

temibile avversario (cfr. ff. 5 e 7- 8 e 9 trascr. cit.).<br />

Ha specificato, su domanda rivoltagli dalla difesa, che in tale lasso di tempo pur<br />

avendo trascorso alcuni periodi di codetenzione sia con il Cancemi che con il Mutolo non<br />

aveva avuto mai occasione di parlare con loro del dott. Contrada (cfr. ff. 58 e 76 trascr. cit.).<br />

Qualche tempo dopo il colloquio con Riccobono aveva avuto occasione di parlare con<br />

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