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Quando la profezia diventa storia - Adelio Pellegrini

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APPENDICE N. 10<br />

Festa delle capanne o tabernacoli<br />

Con <strong>la</strong> purificazione del santuario, del popolo, del campo si annunciava <strong>la</strong> festa dei<br />

Tabernacoli, delle Capanne, che sarebbe iniziata dopo cinque giorni. Era l’ultima festa del<br />

calendario ebraico, era anche chiamata zéman simhaténou “tempo del<strong>la</strong> nostra gioia”.<br />

Era proibito il digiuno e si costruivano i souccot, i tabernacoli, le capanne. Aveva lo<br />

scopo di richiamare al<strong>la</strong> mente del popolo il tempo trascorso nel deserto, dopo l’uscita<br />

dall’Egitto, prima di entrare nel<strong>la</strong> terra promessa e, anche se per quaranta anni Israele<br />

aveva vissuto momenti di privazione e di difficoltà, <strong>la</strong> festa che durava 7-8 giorni<br />

(Levitico 23:33-37) era per <strong>la</strong> nazione un memoriale del<strong>la</strong> grazia, delle cure e del<strong>la</strong><br />

protezione con <strong>la</strong> quale Dio aveva assistito il suo popolo nel grande e terribile deserto<br />

(Deuteronomio 8:15). Oltre a questo tempo <strong>la</strong> festa rievocava «anche <strong>la</strong> costruzione<br />

del santuario, <strong>la</strong> souccah di Dio, <strong>la</strong> cui funzione era quel<strong>la</strong> di indicare <strong>la</strong> presenza di<br />

Dio fra il suo popolo: “Mi facciano un santuario, e abiterò (shakhan) in mezzo a loro”<br />

(Esodo 25:8)» J. Doukhan, o.c., p. 264.<br />

Il millennio è <strong>la</strong> fase di transizione dei salvati che, prima di ereditare <strong>la</strong> terra restaurata,<br />

rinnovata, trascorreranno <strong>la</strong> vittoria del<strong>la</strong> loro liberazione temporaneamente in cielo dove<br />

continueranno a partecipare al<strong>la</strong> tragedia di questo mondo mediante il giudizio al quale sono<br />

chiamati a partecipare.<br />

Questa ricorrenza era chiamata anche <strong>la</strong> Festa del Raccolto, era l’ultima dell’anno<br />

religioso e l’ultima parte di Apocalisse 14 presenta <strong>la</strong> mietitura e vendemmia che si compie<br />

al<strong>la</strong> fine del<strong>la</strong> <strong>storia</strong>.<br />

In occasione di questa festa, come per quelle di primavera, quel<strong>la</strong> di Pasqua e delle<br />

primizie (Pentecoste) gli ebrei si recavano a Gerusalemme. Così al<strong>la</strong> fine dei tempi, il popolo<br />

di Dio si riunirà nel<strong>la</strong> Nuova Gerusalemme (Apocalisse 21:4,5) per adorare per sempre<br />

l’Eterno e il Signore (22:3,4) ed essere per l’eternità il suo popolo e vivere al<strong>la</strong> sua presenza<br />

(21:3). L’antico Israele era invitato a rallegrarsi davanti all’Eterno presentando frutti e rami di<br />

palme (Levitico 23:40). Nel compimento dell’Apocalisse coloro che verranno dal<strong>la</strong> grande<br />

tribo<strong>la</strong>zione finale saranno davanti a Dio «con del<strong>la</strong> palme in mano» (7:9) e lo loderanno con<br />

arpe (14:2) e celebreranno le nozze dell’Agnello (19:9).<br />

«La nuova Gerusalemme, scrive J. Doukhan, è data come l’ultima festa del calendario<br />

ebraico. La visioni dell’Apocalisse <strong>la</strong> rievoca con termini che <strong>la</strong> paragonano a Souccot, <strong>la</strong><br />

festa dei tabernacoli. Questa coincidenza <strong>la</strong> si comprende già attraverso un gioco di parole che<br />

rinviano all’immagine dei tabernacoli: “E udii una gran voce dal trono, che diceva: ‘Ecco il<br />

tabernacolo di Dio con gli uomini’; ed Egli abiterà con loro” (Apocalisse 21:3). La paro<strong>la</strong><br />

greca skene che indica il “tabernacolo” risuona del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong> ebraica familiare, <strong>la</strong> shekhina, <strong>la</strong><br />

nube gloriosa, segno del<strong>la</strong> presenza di Dio fra il suo popolo (Esodo 40:34-38). La paro<strong>la</strong><br />

shekhina deriva dal<strong>la</strong> radice shakhan (abitare) che si ritrova nel verbo greco che segue<br />

skenosen (abitare). Una parafrasi letterale rende conto del gioco di allitterazione e <strong>la</strong>scia<br />

intravedere l’intenzione dell’autore: «Ecco il tabernacolo (shekhina) di Dio con gli uomini!<br />

Egli tabernacolerà (sarà come <strong>la</strong> shekhina) con loro” (Apocalisse 21:3).<br />

Secondo <strong>la</strong> tradizione ebraica, <strong>la</strong> souccah come il santuario simboleggiavano <strong>la</strong> shekhina<br />

(Talmud Babli, Suk. 116). I Salmi letti nel<strong>la</strong> souccah testimoniano di questo simbolo poiché<br />

portano sul<strong>la</strong> presenza protettrice di Dio (Salmo 27;31; 36;57;63;91). Paralle<strong>la</strong>mente, <strong>la</strong><br />

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<strong>Quando</strong> <strong>la</strong> <strong>profezia</strong> <strong>diventa</strong> <strong>storia</strong>

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