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Quando la profezia diventa storia - Adelio Pellegrini

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IL CARDINE DELLA STORIA<br />

fedeli sono chiamati cristiani.<br />

peccato, 223 ma per esprimere <strong>la</strong> sua volontà di riconfermare col Padre quell’unione<br />

che lo avrebbe reso capace di realizzare il suo compito di salvatore dell’umanità. 224<br />

Per questo necessitava che <strong>la</strong> Sua unione con Dio fosse completa. Nel momento in<br />

cui si consacrava per compiere <strong>la</strong> sua opera, iniziava per lui <strong>la</strong> fase dolorosa del<strong>la</strong> sua<br />

vita. L’opera del suo ministero «è l’inizio del<strong>la</strong> sua autoproc<strong>la</strong>mazione come<br />

Mediatore tra Dio e gli uomini». 225<br />

Con il battesimo Gesù domanda a Giovanni che questa sua consacrazione interiore<br />

sia una testimonianza universale. Gesù, pur non avendo peccato, con il battesimo<br />

esprime <strong>la</strong> sua solidarietà con il popolo, con l’umanità caduta, confessa il peccato non<br />

come colui che l’ha commesso, ma come colui che prende <strong>la</strong> risoluzione di portarne<br />

le conseguenze per vincerlo e sradicarlo dal cuore dell’uomo. È per questo che,<br />

quando il Battista rivede Gesù sulle rive del Giordano, dice di lui: «Ecco l’Agnello di<br />

223 Per gli Ebioniti (Giudei <strong>diventa</strong>ti cristiani) che facevano voto di povertà e vivevano in una forma umile e<br />

semplice, Gesù aveva peccato fino al momento del battesimo, ma da quel momento Dio è entrato in Lui e <strong>la</strong> divinità si<br />

unì all’umanità. Questo ragionamento, del resto insostenibile biblicamente, era il frutto di un errore di fondo che non<br />

voleva ammettere <strong>la</strong> totale divinità del Cristo, cioè Dio che a Natale si presenta come uomo. Per gli Adozionisti Gesù<br />

è stato un uomo come gli altri e al momento del battesimo viene adottato dal Padre. Mani, (III secolo), che dà origine<br />

al<strong>la</strong> dottrina manichea, ragionava come i precedenti, pensava che Gesù avesse peccato fino al momento del battesimo.<br />

Ma Gesù per il Nuovo e l’Antico Testamento è l’Agnello di Dio senza macchia e difetto alcuno.<br />

224 Di fronte al rifiuto di Giovanni: «Sono io che ho bisogno d’esser battezzato da te, e tu vieni a me?», Gesù rispose:<br />

«Liberami ora (traduzione letterale: Matteo 3:14,15) poiché conviene che compiamo ogni giustizia». Generalmente si<br />

traduce questa risposta di Gesù con le parole «Lascia fare per ora». Ma l’espressione usata da Gesù è “afes arti” che<br />

viene dal verbo “afiemi” e significa: <strong>la</strong>sciare andare, liberare. Era il termine tecnico che veniva usato in occasione<br />

dell’anno sabbatico (ogni sette anni) e in occasione del giubileo (ogni 49 anni) con il quale si annul<strong>la</strong>vano i debiti, si<br />

rendeva <strong>la</strong> libertà agli schiavi, si restituivano le proprietà agli originari possessori. Principio questo che permetteva <strong>la</strong><br />

continuità del commercio, limitava il <strong>la</strong>tifondismo e il pauperismo. Sistema meraviglioso che voleva arginare <strong>la</strong> sete di<br />

possesso dell’uomo e ricordargli che era un amministratore dei beni di questo mondo e il suo prossimo un fine e non<br />

un mezzo. Questo principio, purtroppo, anche in Israele non fu mai applicato interamente.<br />

Da che cosa Gesù doveva essere liberato dal momento che l’evangelista constata: «Allora Giovanni lo liberò»?<br />

Generalmente viene tradotto: «e lo <strong>la</strong>sciò fare», versione Luzzi. Lo liberò non dal peccato perché Gesù non commise<br />

peccato (Giovanni 8:46; 14:30; Luca 23:47), ma è venuto nel<strong>la</strong> carne simile a quel<strong>la</strong> di peccato (Giovanni 1:14). «La<br />

paro<strong>la</strong> carne, che non bisogna confondere con corpo, è scelta specificatamente per indicare, sempre nel<strong>la</strong> Scrittura, <strong>la</strong><br />

natura umana, l’uomo. La natura umana con l’idea ... di debolezza, d’infermità, di sofferenza e di mortalità che sono <strong>la</strong><br />

conseguenza del peccato» L. Bonnet, o.c., t. II, Evangile de S. Jean, t. II, pp. 49,50; Romani 8:3. Gesù sentiva<br />

pienamente il peso del<strong>la</strong> natura degenerata e ne chiedeva <strong>la</strong> liberazione. «Cristo non ha preso una carne di peccato, ma<br />

una carne simile al peccato - <strong>la</strong> carne non è stata in lui un principio di concupiscenza, ma so<strong>la</strong>mente un principio di<br />

infermità» LIBERTON Jules, Les origines du dogme de <strong>la</strong> Trinité, 5 a ed., pp. 377,378. Cristo, il secondo Adamo, si<br />

trovava svantaggiato nei confronti del primo per il fatto che ereditava nel Suo corpo una debolezza fisica e morale<br />

causata da millenni di peccato (Romani 5:14) ed era assoggettato al<strong>la</strong> legge del<strong>la</strong> ereditarietà. La differenza tra noi e<br />

lui è che il peccato commesso da Adamo ha dato origine in noi a una ma<strong>la</strong>ttia che prima o poi si manifesta come<br />

personale peccato del<strong>la</strong> nostra volontà. Gesù, quale secondo Adamo (Romani 5:12 e seg.), pur venuto nel<strong>la</strong> fragilità<br />

del<strong>la</strong> nostra carne, non aveva una natura propensa al male pur avendo bisogno per <strong>la</strong> sua protezione e crescita il<br />

soccorso dello Spirito, come avvenne fin dal<strong>la</strong> sua incarnazione (Luca 1:35). In noi <strong>la</strong> tentazione scaturisce dal nostro<br />

interno, dal<strong>la</strong> nostra concupiscenza (Giacomo 1:14), mentre Gesù era sollecitato dal peccato dall’esterno, da una<br />

realtà al di fuori di lui, come fu per Adamo quando fu sedotto. Gli evangeli elencando <strong>la</strong> genealogia di Gesù (Luca<br />

3:23-38; Matteo 1:1-17) ci presentano tra i suoi avi nomi di peccatori e di peccatrici. Una tale eredità doveva pesare<br />

molto sul<strong>la</strong> coscienza del Messia e quindi questo “afes arti” potrebbe corrispondere al bisogno che Egli sentiva<br />

dell’aiuto del Padre per potere realizzare tutta <strong>la</strong> giustizia di Dio nel<strong>la</strong> Sua persona, essendo continuamente presente il<br />

pericolo di cadere nel<strong>la</strong> ribellione dell’avversario.<br />

225 JÜNGEL Eberhard, Il battesimo nel pensiero di Karl Barth, ed. C<strong>la</strong>udiana, Torino 1971, p. 22.<br />

<strong>Quando</strong> <strong>la</strong> <strong>profezia</strong> <strong>diventa</strong> <strong>storia</strong> 103

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