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Quando la profezia diventa storia - Adelio Pellegrini

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APPENDICE N. 2<br />

delle due lingue» scrive P. de Benoit (o.c., p. 99). Lo stesso critico L. Gautier è obbligato a<br />

riconoscere l’unicità dell’autore: «È inoltre straordinario vedere fino a che punto le diverse<br />

parti si chiamino l’una con l’altra, si presuppongano e si completino» (o.c., p. 295). «Questa<br />

unità non è contraddetta né dall’uso successivo del<strong>la</strong> prima e del<strong>la</strong> terza persona (lo stesso si<br />

trova in Isaia 6:1,5; 7:3; 8:1; 37.. 6), né dall’uso delle due lingue che si riscontrano nel libro,<br />

poiché lo si trova in Esdra il cui scritto non è mai stato attribuito a due autori. Del resto il<br />

modo in cui <strong>la</strong> transizione dall’ebraico all’aramaico è fatta in pieno versetto 4pp. e 4sp. scarta<br />

ogni dualità di autori. Anche questa unità è riconosciuta oggi dagli stessi razionalisti» scriveva<br />

KUENEN A. (Histoire critique des livres de l‘Ancien Testament, t. II, Paris 1868, pp. 519,520;<br />

cit. in Dictionnaire de <strong>la</strong> Bible, Vigouroux F., col. 1256). Il rabbino CHOURAQUI Andrè<br />

afferma: «Ciò che colpisce... malgrado <strong>la</strong> bilingua dell’originale è <strong>la</strong> profonda unità del<br />

volume» (La Bible -Danyel, Ezra, Nehèmijah, Paris 1975, p. 19).<br />

(L’autore unico è negato da DELCOR M., pp. 10-12; SOGGIN J.A., p. 410, ma è riconosciuta<br />

da: ARCHER G.L., pp. 447.448; AUGÉ R., pp. 24,25; BARNES A., pp. 44-47; BARTON G.A., pp. 62-<br />

86; BERNINI G., pp. 16-35; CHOURAQUI A., p. 19; DE WETTE W.M.L., pp. 495-598; FABRE<br />

d’ENVJEU J, pp. 165-180; FORD D., pp. 27-29,34,44, nota 21, 70,71; GALL A., p. 126; GAUTIER<br />

L., p. 294, 2 a e 3 a ed., p. 233; KEIL J., 1872, p. 19; LAGRANGE A.H., p. 63; LODS A., pp. 834-835;<br />

OSTY E., p. 299; PERUSSET J.M., p. 67;. PFEJFFER R.R., p. 760-764; PIEPENBRING Ch., 1898, p.<br />

707; RAVEN J.H., pp. 317-332; ROBERT A. e FEUILLET A., Introduction à <strong>la</strong> Bible, 2a ed., vol. I,<br />

1962, p. 695; ROWLEY H.-H., The Servant..., pp. 237-268; The Unity..., pp. XXIII, 1, p. 233;<br />

SLOTKI J.J., p. XIII; WALLACE R.S., pp. 20-22; ZOECKLER Otto, Daniel, Grand Rapids, s.d., pp.<br />

16-20. Per i titoli delle opere vedere <strong>la</strong> Bibliografia).<br />

È da notare che <strong>la</strong> lingua aramaica va del<strong>la</strong> seconda parte del versetto 4, del capitolo 2,<br />

fino al<strong>la</strong> fine del capitolo 7. Con questa lingua del popolo Daniele voleva forse indicare ai<br />

credenti, e a coloro che non lo sono, quale sarebbe stato il destino delle potenze terrestri;<br />

mentre con il resto del libro, scritto in ebraico, lingua del popolo di Dio, voleva indicare agli<br />

eletti cosa avrebbero incontrato e subito nel<strong>la</strong> <strong>storia</strong> e quale sarebbe stato il loro destino. G.L.<br />

ARCHER pensa che i capitoli d’interesse generale siano stati scritti in aramaico e quelli che<br />

riguardano i Giudei, in ebraico (A Survey of Old Testament. Introduction, Chicago 1965, 2 a<br />

ed., p. 378).<br />

Riteniamo interessanti le seguenti riflessioni di A. Richli: «Nul<strong>la</strong>, assolutamente nul<strong>la</strong> fa<br />

pensare che questa rive<strong>la</strong>zione (Daniele 7), scritta in aramaico, sia stata trasmessa al re.<br />

Crediamo piuttosto che fu comunicata subito ai capi spirituali del<strong>la</strong> diaspora giudaica, <strong>la</strong><br />

Sinagoga. Perché in aramaico? Perché <strong>la</strong> seconda e <strong>la</strong> terza generazione di deportati erano<br />

familiari con l’aramaico - <strong>diventa</strong>ta <strong>la</strong> loro lingua materna. Del resto, Daniele ha dovuto<br />

riconoscere senza difficoltà il parallelismo esistente tra <strong>la</strong> visione del<strong>la</strong> grande statua e i<br />

simboli delle quattro bestie (le monarchie universali). Gli elementi nuovi del<strong>la</strong> visione del<br />

capitolo 7, l a scena del giudizio e le azioni del piccolo corno che gettava <strong>la</strong> verità a terra e<br />

perseguitava “i santi dell’Altissimo”, indicano chiaramente che questo messaggio divino non<br />

era destinato a Babilonia, ma ai figli di Dio. Comprendendo <strong>la</strong> successione degli imperi che<br />

Dio gli aveva indicato, poteva stare davanti a Belsatsar e dirgli: “Dio ha contato il tuo regno e<br />

vi ha messo fine. Il tuo regno sarà diviso e dato ai Medi e ai Persiani” (5:26-28)<br />

La spiegazione che sembra più p<strong>la</strong>usibile sul perché <strong>la</strong> visione di Daniele 8 sia composta<br />

in ebraico, <strong>la</strong> “lingue sacra”, come viene indicata sovente, risiede nel fatto che per un ebreo<br />

sarebbe difficilmente concepibile che un messaggio celeste indirizzato ad un profeta, per il<br />

popolo, sia in una lingua diversa dall’ebraico (in un tempo in cui bisognava fortificare<br />

l’identità del popolo in esilio nel<strong>la</strong> prospettiva di un ritorno nel<strong>la</strong> terra promessa. Questo modo<br />

982<br />

<strong>Quando</strong> <strong>la</strong> <strong>profezia</strong> <strong>diventa</strong> <strong>storia</strong>

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