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Quando la profezia diventa storia - Adelio Pellegrini

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DA POTERE RELIGIOSO A POTERE TEMPORALE<br />

origine divina e deve come tale essere rispettato dai credenti più altamente di un<br />

comandamento del Dio vivente”. 108<br />

L’opera compiuta nei confronti del Decalogo 109 è stata così radicale che nel<strong>la</strong><br />

mente dei credenti non suscita reazioni e teologi cattolici, protestanti ed evangelici da<br />

secoli <strong>la</strong> giustificano mediante ragionamenti che vorrebbero trovare nelle Scritture il<br />

consenso. Ma sempre il passare da una generazione all’altra ha assistito al<strong>la</strong><br />

testimonianza di uomini, donne, giovani e bambini, pochi, a volte forse emarginati,<br />

che hanno considerato <strong>la</strong> Legge di Dio con rispetto e fedeltà perché creduta come<br />

espressione dell’amore di Dio. Non hanno forse creato un movimento di opinione, ma<br />

hanno testimoniato che il “così dice l’Eterno” è superiore al pensiero e alle tradizioni<br />

degli uomini.<br />

13. Durata del<strong>la</strong> sua supremazia<br />

“Un tempo, dei tempi e <strong>la</strong> metà di un tempo”. 110<br />

L’espressione iddan in aramaico significa: tempo, stagione, “periodo <strong>la</strong> cui<br />

lunghezza non è determinata. Può essere una settimana, un mese, un anno, o qualsiasi<br />

altro spazio di tempo”. 111<br />

108<br />

Cit. da J. Vuilleumier, Les proph. ..., pp. 158,159.<br />

109<br />

Vedere il nostro Capitolo III.<br />

110<br />

Daniele 7:25.<br />

Riportiamo le considerazioni di un autore protestante contemporaneo che prende in considerazioni i periodi<br />

profetici di Daniele. RENDTORFF Rolf, Introduzione all’Antico Testamento, ed. C<strong>la</strong>udiana, Torino 1990, a pp. 361,362,<br />

dopo aver scritto che Daniele riporta, nei capitoli 3 e 6, “leggende di martiri” p. 360, del piccolo corno e del<strong>la</strong> durata<br />

del<strong>la</strong> sua supremazia scrive: “Qui l’interpretazione storica è ovvia (sic): si par<strong>la</strong> di Antioco IV (Epifane), che profanò<br />

nel 168 a.C. l’altare dei sacrifici del tempio di Gerusalemme, provocando fra l’altro <strong>la</strong> rivolta dei Maccabei.- I dati<br />

temporali sul<strong>la</strong> durata dell’oppressione presentano qualche difficoltà. Secondo 7:25, le intromissioni del culto durano<br />

“un tempo, (due) tempi e un mezzo tempo”, cioè probabilmente tre anni e mezzo; con ciò concordano l’indicazione:<br />

“una mezza settimana (di anni)” (9:27) e quel<strong>la</strong> di 12:7; “un tempo di culto (mo’ed), (due) tempi di culto e mezzo”.<br />

Un computo simile risulta probabilmente da 8:14, dove si par<strong>la</strong> di “2300 sere e mattine” che potrebbero essere intese<br />

come indicazione di 1150 giorni, cioè più di tre anni, comunque un po’ meno di tre e mezzo. In 12:11 si par<strong>la</strong> di 1290<br />

giorni, al versetto 12 (come correzione?) di 1335 giorni. Secondo 1 Maccabei 4:52 e seg. (confrontato con 1:59)<br />

l’altare fu però nuovamente consacrato esattamente tre anni dopo <strong>la</strong> profanazione. I termini di cui sopra sono dunque<br />

troppo lunghi. Sono stati scritti prima di questo evento? Oppure i tre anni e mezzo indicano una grandezza miticoindeterminata?<br />

Se così fosse <strong>la</strong> “correzione” di 12:12 sarebbe ancora più difficilmente comprensibile. Essenzialmente<br />

più difficile ancora è rispondere al<strong>la</strong> domanda su che cosa si intenda in 9:24 e seg. con le settanta settimane (di anni),<br />

presentate come interpretazione dei settanta anni predetti da Geremia (versetto 2, confr. Geremia 25:11 e seg.; 29:10).<br />

Vi sono qui computi di vario tipo, che tentano di trovare un riferimento al<strong>la</strong> <strong>storia</strong> contemporanea per i 7 per 70<br />

(=490) anni. Anche qui, tuttavia, rimangono interrogativi di fondo: si tratta di calcoli che prevedono il futuro? Oppure<br />

di un vaticinium ex eventu che guarda retrospettivamente? I calcoli sono indirizzati al ripristino dell’altare degli<br />

olocausti oppure, al di là di questo fatto, al<strong>la</strong> fine del mondo?”.<br />

Lasciamo al lettore le considerazioni sullo smarrimento di questo teologo, e di altri, anche professori universitari<br />

che non accettano un testo biblico per quello che nel<strong>la</strong> sua bellezza e grandezza voglia dire.<br />

111<br />

La Bible Annotée, o.c., t. II, p. 293.<br />

JONSSON C. Olof, I Tempi dei Gentili - La Profezia senza fine dei Testimoni di Geova, ed. Dehoniane, Roma 1987,<br />

p. 207,208, fa notare che <strong>la</strong> stessa espressione in Daniele 4:16,23,25,32 è resa come “anni” in un manoscritto del<strong>la</strong><br />

versione greca del<strong>la</strong> LXX del IX secolo. Giuseppe F<strong>la</strong>vio accetta questa lettura in Antichità X:x,6. Questa lettura di<br />

tempi in Daniele 4 non fu condivisa dai primi cristiani i quali preferivano <strong>la</strong> versione greca di Teodozione (II secolo)<br />

<strong>la</strong> quale traduce l’aramaico con <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> greca kairoi, tempi. Nel<strong>la</strong> Preghiera del re Nabonedo, I secolo d.C., trovata a<br />

Qumran, versione distorta del racconto di Daniele, dice che il monarca fu colpito “per sette anni” da un brutto<br />

<strong>Quando</strong> <strong>la</strong> <strong>profezia</strong> <strong>diventa</strong> <strong>storia</strong> 253

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