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Quando la profezia diventa storia - Adelio Pellegrini

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LA PERSONA DI DANIELE: AUTENTICITÀ, CANONICITÀ DEL SUO LIBRO E RISPOSTE ALLE OBIEZIONI<br />

«Certo i critici sottolineano sempre che le visioni, soprattutto quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> prima parte del<br />

capitolo XI, redigono una conoscenza talmente approfondita del tempo dei Diadochi e delle<br />

lotte maccabaiche che esse non possono essere che di uno storico retrospettivo. Ma <strong>la</strong> stessa<br />

critica dimentica che questo criterio si applica così ad altre profezie (per esempio ai capitoli 13<br />

e 53 di Isaia) a proposito delle quali si deve escludere con certezza, dal<strong>la</strong> scoperta dei<br />

manoscritti di Qumran, che esse siano dei vaticinia post eventum» (J. Heinz, o.c., p. 16).<br />

Nel secolo scorso, per un eccesso di zelo, che si riversò del resto su tutta <strong>la</strong> Bibbia, gli<br />

studiosi giunsero ad affermare che nove furono i redattori distinti che composero il libro del<br />

profeta Daniele (GAUTIER Lucien, Introduction à 1 ‘Ancien Testament, t. II, Lausanne 1906,<br />

pp. 2,3). Poi col tempo gli autori vennero ridotti a due, dei quali il secondo ha ampliato e<br />

infiorettato il primo documento più antico. Questo secondo scrittore, e per molti unico,<br />

avrebbe descritto con linguaggio profetico ciò che Israele subiva a causa di Antioco (167-164<br />

a.C.) e che i capitoli storici del libro: III, IV, V, VI hanno un valore allegorico e simbolico. «Il<br />

redattore del libro scriveva senza dubbio nel Il secolo avanti <strong>la</strong> nostra era, si è certamente<br />

servito di documenti più antichi, che risalivano all’epoca di Daniele» afferma Pierre<br />

OSCHWALD (Le livre de Daniel, Neuchâtel 1957, p. 12) e il teologo cattolico C<strong>la</strong>ud SCHEDL<br />

(Storia del Vecchio Testamento, vol. IV, La Pienezza dei Tempi, Roma 1966, pp. 55-85)<br />

suppone un proto Daniele (aramaico), un deutero Daniele (ebraico) e un terzo Daniele (greco)<br />

per le parti aggiunte: capitoli 13,14 e 3:26-45, 51-56, 57-90, di date differenti. TESTA O.F.M.<br />

(Il Messaggio del<strong>la</strong> Salvezza, vol. III, 3 a ed., Torino 1971, p. 135) scrive: «Il libro di Daniele,<br />

come lo si trova nel canone, è stato composto da un autore sconosciuto, verso l’anno 300, a<br />

seguito di sorgenti molto antiche che circo<strong>la</strong>vano come un ciclo indipendente, e subì dei<br />

ritocchi verso l’epoca maccabaica». The Encyclopedia of the Jewish Religion (New York<br />

1965, pp. 105,106) indica verso il 300 <strong>la</strong> prima parte del libro e verso il 165 <strong>la</strong> seconda.<br />

A questi critici moderni come agli ultra critici si può dire con le parole dell’abate A.<br />

CRAMPON: «Questa teoria arbitraria, dovuta ai pregiudizi, è contraddetta dal<strong>la</strong> testimonianza<br />

del<strong>la</strong> tradizione giudaica e cristiana, e dal<strong>la</strong> testimonianza che il libro rende a se stesso» (La<br />

Sainte Bible, vol. V, Paris 1901, p. 646).<br />

Oltre a quanto detto sopra, gli avversari del libro di Daniele hanno creduto di trovare nel<br />

testo degli errori, e le obiezioni da loro fatte le hanno considerate come prove per annul<strong>la</strong>re<br />

l’autenticità storica del libro.<br />

Consideriamo queste obiezioni.<br />

Obiezione 1 - Nel libro troviamo due lingue: quindi due autori.<br />

RISPOSTA. Le lingue usate sono l’ebraico e l’aramaico orientale o caldeo. L’ebraico è un<br />

po’ aramaizzato e l’aramaico è un po’ ebraizzato. L’uso di queste due lingue è tale che<br />

dimostrano di essere molto familiari all’autore. Solo un ebreo poteva avere tale familiarità con<br />

<strong>la</strong> propria lingua. Inoltre, storicamente par<strong>la</strong>ndo, so<strong>la</strong>mente un ebreo del VI secolo a.C. poteva<br />

possedere quelle due lingue, con quello stile.<br />

La lingua aramaica si differenzia da quel<strong>la</strong> del Targum ed è simile a quel<strong>la</strong> del libro di<br />

Esdra (V secolo a.C.). È un aramaico non ancora volgarizzato. Se Esdra è riconosciuto come<br />

documento autentico del V secolo a.C., non c’è nessuna ragione per avere un atteggiamento<br />

diverso nei confronti del libro di Daniele.<br />

«Si è colpiti dal fatto che il libro sia straordinariamente omogeneo malgrado l’impiego<br />

<strong>Quando</strong> <strong>la</strong> <strong>profezia</strong> <strong>diventa</strong> <strong>storia</strong><br />

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