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Quando la profezia diventa storia - Adelio Pellegrini

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dei papi nel<strong>la</strong> Peniso<strong>la</strong> si propose d’impedire che l’Italia <strong>diventa</strong>sse una nazione; essi<br />

hanno seguito questa politica dal<strong>la</strong> caduta dell’impero fino ad oggi. <strong>Quando</strong> il regno<br />

dei Goti successe a quello degli Eruli, i papi lo favorirono finché non fece loro ombra;<br />

ma appena divenne troppo forte, chiamarono in loro soccorso quegli imperatori<br />

d’Oriente che tanto fecero per espellerli; poi chiamarono i Franchi contro i<br />

Longobardi, come sempre hanno chiamato lo straniero non appena hanno visto<br />

apparire in Italia un centro di unità, un potere nazionale... Tutta <strong>la</strong> <strong>storia</strong> del papato si<br />

riassume nell’arte di eccitare un principe contro un altro, un vescovo contro un altro,<br />

un principe contro un vescovo e viceversa. E quando non aveva a propria<br />

disposizione le armi civili, in qualità di esecutori delle sue rivendicazioni, Roma<br />

aveva sempre sotto mano l’esercito dei frati». 121<br />

Tentativi per formare un impero omogeneo se ne fecero molti nel passato: nell’800<br />

Carlo Magno, incoronato da Leone III nel<strong>la</strong> notte di Natale, diede nascita al Sacro<br />

Romano Impero del quale Voltaire dirà che non era né Sacro, né Romano, né Impero.<br />

Con Carlo Magno, per <strong>la</strong> prima volta, dei sovrani ricevettero dal Papa <strong>la</strong> corona e «i<br />

re dovettero pentirsi più d’una volta d’aver <strong>la</strong>sciato prendere al pontefice di Roma un<br />

così pericoloso privilegio». 122<br />

L’imperatore Enrico IV dovette recarsi a Canossa da Gregorio VII per chiedergli<br />

di togliergli <strong>la</strong> scomunica affinché cessasse di «errare... di città in città, mendicando<br />

invano dei soccorsi che tutti i popoli gli rifiutavano». 123 Il 18 gennaio 1077 ci fu il<br />

miracolo di Canossa «dove Cesare, umiliato, bacia piangendo il piede di Pietro». 124<br />

Federico II, egli stesso imperatore, a causa dei suoi contrasti col vescovo di Roma,<br />

dopo essere stato scomunicato più volte, dovette riconoscere al papa il suo potere di<br />

argil<strong>la</strong>.<br />

Carlo V nel XVI secolo, sebbene avesse un vasto dominio coloniale, ebbe tante<br />

lotte all’interno del suo regno a causa del suo connubio con il potere ecclesiastico, che<br />

al<strong>la</strong> fine logorato e stanco, dopo avere speso somme enormi in guerre, si ritirò in un<br />

convento.<br />

Filippo II, suo erede, volendo riunire sotto di sé l’Europa cattolica, si schierò<br />

contro i Paesi protestanti e fece annegare il suo vasto regno nell’inquisizione.<br />

Il Barbarossa, nel formare un impero universale, cozzò contro l’argil<strong>la</strong> e fu<br />

costretto da Adriano IV a tenere le briglie del suo cavallo in segno di omaggio.<br />

<strong>Quando</strong> a Venezia si dovette inginocchiare davanti a Innocenzo III per baciargli i<br />

piedi, con un supremo tentativo di indipendenza da Roma, volendo mostrare un<br />

omaggio non al<strong>la</strong> persona del Vescovo dei vescovi, ma al simbolo del<strong>la</strong> cristianità<br />

mormorò: «Non a te, ma a Pietro». Al che Innocenzo, erede di Gregorio VII, replicò:<br />

«E a Pietro e a me!». E Barbarossa piegò <strong>la</strong> testa fino al sandalo dell’ecclesiastico.<br />

<strong>Quando</strong> nel 1162 Barbarossa offrì a Ginevra l’indipendenza dispensando<strong>la</strong> da ogni<br />

121<br />

DOELLINGER dr. Ignazio von, Il Papato dalle origini fino al 1870, Mendrisio 1914, p. 71, nota n. 106, p. 133, nota<br />

n. 121.<br />

122<br />

P. Lanfrey, o.c., p. 38.<br />

123<br />

CARRIERE Jean, Le Pape, Paris 1934, p. 96.<br />

124 Idem, p. 97.

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