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Quando la profezia diventa storia - Adelio Pellegrini

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APPENDICE N. 11<br />

Evo, da Beda, da Alberto Magno, e più tardi da Bossuet; nei tempi moderni da Hengstenberg,<br />

Duesterdieck, F. Godet, Lange, Bonnet, Alford, B. Weiss, Zahan, Perrot, Allo, ecc.» (E.<br />

Bosio, o.c., p. 55). Si possono aggiungere i nomi di «Anselmo, N. de Lyre, Rupert, M.<br />

Hoffmann, Bullinger, Bengel, Könn, Langenberg, Miskotte, Visser’t, Reisner, Olivier, P. Y.<br />

Emery, Forck, Hodges…» (C. Brütsch, o.c., p. 121). Un così gran numero di studiosi a<br />

sostegno di questa spiegazione faceva dire già nel 1840, a mons. F. de Bovet: «Questo<br />

vincitore che marcia per nuove vittorie è Gesù Cristo: tutti gli interpreti ne convengono»<br />

(BOVET François de, L’Esprit de l’Apocalypse, Paris, p. 225). «Il P. Allo vede nel primo<br />

cavaliere il corso vittorioso del Vangelo attraverso il mondo e nota: “La visione del trionfo<br />

divino precede così quel<strong>la</strong> dei giudizi dell’ira, al fine di riempire l’animo di Giovanni e dei<br />

suoi lettori di un senso di sicurezza, facendo loro intendere lo scopo provvidenziale dei<br />

castighi che stanno per seguire… L’Evangelo ha da esser predicato a tutte le genti prima che<br />

venga <strong>la</strong> fine… Tutte le ca<strong>la</strong>mità che Dio permette non hanno altro fine che affrettare <strong>la</strong><br />

salvezza del mondo… Conveniva che <strong>la</strong> figura del Verbo in persona, o dell’opera sua salutare,<br />

apparisse in capo alle altre, per mostrare quale sia il disegno essenziale di Dio nel governo<br />

provvidenziale del mondo; e conveniva che apparisse in una maestà non inferiore a quel<strong>la</strong><br />

delle altre… Veduta questa, si possono aspettare le altre senza apprensione, sapendo che, nei<br />

disegni superiori, esse <strong>la</strong>voreranno per Cristo”» (E. Bosio, o.c., p. 56).<br />

Coloro che non hanno visto un rapporto tra i f<strong>la</strong>gelli del II, III, IV cavallo con <strong>la</strong><br />

predicazione dell’Evangelo del primo cavallo, hanno applicato anche il primo cavallo<br />

all’impero romano perché «il primo cavaliere deve avere un senso analogo a quello dei tre<br />

seguenti che rappresentano degli avvenimenti di ordine temporale» (ROUGEMONT Frédéric de,<br />

La Révé<strong>la</strong>tion de S. Jean, Neuchâtel 1866, p. 195).<br />

Ma esiste un rapporto tra il primo sigillo e gli altri tre: «Di questi cavalli, i tre ultimi hanno<br />

un aspetto lugubre, e indicano dei f<strong>la</strong>gelli che rispondono allo scopo che persegue il Re del<br />

regno… La guerra, <strong>la</strong> carestia e <strong>la</strong> mortalità sono, nell’intenzione di Dio, destinati a tracciare<br />

le vie dell’Evangelo, ad aprire i cuori, a disporli ad accogliere favorevolmente il messaggio di<br />

salvezza. I tempi di pace e di prosperità non sono sufficienti per questa buona opera. Le prove<br />

di ogni genere che portano con sé dei tempi d’insicurezza generale sono necessari per rompere<br />

le resistenze umane, umiliare i cuori, disamorarli dal<strong>la</strong> terra e costringerli a guardare in alto»<br />

(REYMOND Antoine, L’Apocalypse, t. I, Lausanne 1904, pp. 171, 174).<br />

Critica al primo sigillo<br />

Questa spiegazione del primo sigillo è stata criticata da Bernard DENÉCHAUD, Le rebelle et<br />

le serviteur, in Revue Adventiste, settembre 1966, pp. 9-13 con delle argomentazioni che<br />

riteniamo opportuno riportare.<br />

Rimanendo nel parallelismo con Matteo 24, anziché vedere nel cavallo il trionfo<br />

dell’evangelo nel mondo sembra più corretto vedervi <strong>la</strong> vittoria del<strong>la</strong> seduzione nei confronti<br />

dei credenti.<br />

«Anche se il primo cavaliere sembra meno sinistro dei suoi pari, fa comunque parte del<strong>la</strong><br />

stessa famiglia. L’arco che tiene questo fiero cavaliere è sovente associato, nelle Scritture, al<strong>la</strong><br />

potenza dell’orgoglio che trae l’uomo dal<strong>la</strong> sua propria forza. È il simbolo del<strong>la</strong> caccia, del<strong>la</strong><br />

guerra, ma anche dell’uomo che si considera sufficiente a se stesso. È per questo che, quando<br />

Dio interviene nel<strong>la</strong> <strong>storia</strong> per salvare il suo popolo, non fa ricorso né all’arco né ad alcun<br />

altro strumento del<strong>la</strong> forza dell’uomo: “Avrò compassione del<strong>la</strong> casa di Giuda; li salverò<br />

1078<br />

<strong>Quando</strong> <strong>la</strong> <strong>profezia</strong> <strong>diventa</strong> <strong>storia</strong>

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